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    Da Sant’Anna di Stazzema alle Fosse Ardeatine: se Meloni vuole prendere le distanze dal fascismo renda omaggio alle vittime

    Di Renzo Parodi
    Pubblicato il 16 Ago. 2022 alle 16:06 Aggiornato il 16 Ago. 2022 alle 16:08

    Come il suo illustre concittadino, Alberto Sordi, però con una proprietà di linguaggio enormemente migliore, l’onorevole Giorgia Meloni si è rivolta alla Stampa Estera residente a Roma con un messaggio trilingue (spagnolo, francese e inglese) nel quale, tra l’altro, ha dichiarato di ripudiare la dittatura (fascista) e le leggi razziali volute da Benito Mussolini nel ’38 per compiacere l’amico  alleato Adolf Hitler.

    Alla buon’ora, direte voi. Secondo me è alquanto sospetta questa dissociazione tardiva (addirittura fuori tempo massimo) e per di più a un mese e mezzo dalle elezioni politiche che vedono il suo partito, Fratelli d’Italia, nei panni di front runner della coalizione di destra e fra le tre formazioni, secondo i sondaggi, come il partito più votato dagli italiani.

    La presa di distanza politica dal fascismo avrebbe avuto un qualche senso compiuto e sarebbe risultata plausibile se Meloni l’avesse ripetuta di fronte alla stampa nazionale. Come da anni richiedono le forze antifasciste, l’Anpi, le associazioni dei deportati, le comunità ebraiche in prima fila. Fino ad ora il massimo risultato scucito dalla bocca della presidentessa di FdI era stato il concetto che lei col fascismo ha “un rapporto sereno”. Acqua fresca, insomma.

    Le domande che i giornalisti italiani (con rare eccezioni) omettono di rivolgerle sono rimaste inevase. Se andrà a Palazzo Chigi quale rapporto avrà con la memoria della Lotta di Liberazione? Festeggerà il 25 aprile accanto al presidente della Repubblica e alle alte cariche dello Stato democratico nato dalla Resistenza? O si rifiuterà di farlo? Equiparerà i caduti Partigiani e le vittime delle stragi nazifasciste ai militi e ai volontari della Repubblica di Salò? Ciò che è ancora più importante: si presterà a manomettere la Costituzione nata dalla Resistenza con l’apporto di tutti i partiti (comunisti compresi e in prima fila) che formavano il CLN? Infine, last but not least: trascinerà l’Italia nell’area del sovranismo nazionalista alla Orban, nemico dell’Europa? Domande ineludibili e doverose, provocate dall’amicizia e dalla sintonia politica, ripetutamente sbandierate, col presidente ungherese. E da un atteggiamento ostinatamente ostile verso le istituzioni europee, come dimostra il voto contrario di FdI al Next generation Eu ottenuto da Giuseppe Conte a Bruxelles.

    Come ogni politico accorto, “donna Giorgia” ha sempre fatto lo slalom, alternando impegni verbali a promesse di moderazione democratica. Chi punta a governare una Nazione abbandona i toni da barricata e si converte rapidamente al linguaggio democratico. Ma quanto contano le parole a petto dei fatti? Ecco il punto.

    Per essere credibile all’on. Meloni servono i fatti e io mi permetto di suggerirgliene qualcuno. Per dimostrare di essersi davvero intimamente convertita al  metodo democratico, l’ex Draghetta (ai tempi della militanza nelle organizzazioni di estrema destra si faceva chiamare così) l’on. Meloni dovrebbe recarsi su uno dei tanti luoghi dove si consumarono le atroci stragi nazifasciste del periodo dell’occupazione tedesca in Italia. Pochi giorni fa si è celebrato il 78esimo anniversario della strage di Sant’Anna di Stazzema, il paesino sulle colline versiliesi devastato a ridotto in cenere, il 12 agosto 1944, dai soldati della XVIesima Panzergrenadier Division SS Reichsfuerher Heinrich Himmler, scatenati nell’orrenda carneficina che costò la vita di 560 civili inermi e innocenti. Colpevoli di nulla, bersaglio della ferocia nazifascista che intendeva dare un esempio a chi si supponeva avesse dato rifugio alle bande dei partigiani della zona. Anziani, donne e bambini falciati a raffiche di mitra, bruciati vivi nei cascinali, abbattuti a colpi di bombe a mano, i neonati scagliati in aria e trafitti dalle scariche dei fucili.

    L’allora procuratore militare della Spezia (e attuale procuratore generale militare di Roma, Marco De Paolis), dal 2002 al 2006 aveva indagato sulla strage di Sant’Anna, e su altre decine di efferati omicidi di massa perpetrati in Toscana ed Emilia (tra cui Marzabotto, l’altra mattanza). Era riuscito a portare alla sbarra diversi ex militari tedeschi, ormai vegliardi e dal tribunale della Spezia aveva ottenuto la condanna a 56 ergastoli, dieci dei quali per la strage di Sant’Anna. Naturalmente nessuno dei condannati, rimasto in Germania, aveva scontato un solo giorno di carcere. Così come i fascisti repubblichini che, indosso le divise tedesche, avevano affiancato le SS, guidandole nottetempo sulle colline fino all’abitato di Sant’Anna. Tutti mai identificati. Tutti colpevoli. Tutti morti nei loro letti.

    “Come italiana, come donna, come madre e come cristiana”  (il suo alfabeto politico declamato di fronte ai neofascisti spagnoli di Vox) l’onorevole Meloni dovrebbe salire fino a Sant’Anna, inginocchiarsi sulla piccola altura dove sorge il monumento in memoria delle povere vittime, recitare a fior di labbra una preghiera e fare atto di contrizione nei confronti di un passato atroce che dichiara di ripudiare. Possibilmente non in favore di telecamera.

    Qualora volesse dare ancora più forza e convinzione al proprio ravvedimento, potrebbe facilmente recarsi al ghetto di Roma, la sua città. E deporre un fiore al Portico di Ottavia, in ricordo degli oltre mille ebrei romani rastrellati dai nazisti il 16 ottobre 1943 e deportati nei campi di sterminio. Di loro appena 16 fecero ritorno a casa. Erano cittadini romani e italiani, madri e donne come è lei. Non erano cristiani ma fa differenza?

    Infine se davvero pretendesse di essere creduta da tutti nella sua fulminea conversione alla democrazia dovrebbe visitare un altro luogo sacro dell’antifascismo militante: le Fosse Ardeatine. Lì furono uccisi e sepolti (qualcuno ancora vivo) 335 patrioti italiani, patrioti come lei stessa non omette mai di ricordare di essere (autoincensandosi) ogni volta che parla di sé.

    Faccia questi tre pellegrinaggi, onorevole Meloni. E crederemo che lei è diventata una donna nuove e una politica diversa da come ci appare. Provi a dimenticare che una consistente fetta del suo elettorato continua orgogliosamente a proclamarsi fascista ed esibisce la propria fede in camicia nera, saluti romani e omaggi al duce. Li sfidi, a costo di perdere un bel po’ di voti. Forse ne guadagnerebbe altri e soprattutto avrebbe un pedigree ripulito da esibire in Italia e nel mondo.

    Avrà il coraggio di farlo, onorevole Meloni?

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