Meloni può essere la prima premier donna, ma parla come un uomo
Devianza è pubblicare il video di uno stupro e non vergognarsi, non sentire il bisogno di chiedere scusa. Devianza è non curarsi di aver esposto così alla massa le urla disperate di una vittima mentre subisce l’abuso e infischiarsene che possa essere riconosciuta da parenti e amici. Devianza è nascondersi dietro al fatto che il video in prima battuta è stato condiviso da un quotidiano (vergognoso!). Chissà se tra le devianze da cancellare, per favorire lo sviluppo di un’Italia migliore, Giorgia Meloni, in arte “sono una madre, sono una donna, sono italiana, sono cristiana”, include anche il suo modo di fare politica.
Poi c’è il suo unico competitor, Enrico Letta, che invece di essere in grado di imporre temi, le va dietro e alla fine “devianze” o “viva le devianze” diventa argomento di discussione di una becera e bassissima campagna elettorale. Molti cittadini vivono di stenti, schiacciati dal caro energia, soffocati dalla polvere, umiliati dalla precarietà non solo lavorativa ma esistenziale, che incombe, e loro si ergono a paladini della lotta alla devianza. Devianza è essere fascisti. Ma Meloni dimentica di inserirlo nell’elenco: “droga, alcolismo, tabagismo, ludopatia, autolesionismo, obesità, anoressia, bullismo, babygang, hikikomori”. Poi rimuove il post e lo ripubblica leggermente modificato. Ma che importa: gli animi inquieti sono stati già soddisfatti, il sottobosco ha recepito il messaggio. Giorgia Meloni, il suo passato da estimatrice di Mussolini, ce l’ha scolpito addosso. Anche se alla stampa estera dichiara di non essere fascista.
All’inizio il dibattito sulle devianze mi ha disturbato, persino annoiato. Chi mi legge sa quanto sia critica da sempre anche nei confronti della sinistra. Ma davanti al pericolo derivante da certe affermazioni non c’è da dubitare. Cara Giorgia, c’è un limite a tutto. Lei l’ha superato. E purtroppo non basterà a indurre meno persone a votarla. Non perché è la migliore, perché gli altri sono stati i peggiori e lei passerà per l’unica a non aver mai gestito la cosa pubblica (falso!).
Ma sapete qual è la cosa drammatica? Questa indignazione è di pochi perché siamo in pochi ad avere il privilegio di avere il tempo di indignarci. La maggior parte tira la carretta, schiacciata dalle difficoltà quotidiane. È un dibattito tutto circoscritto ad una ristretta cerchia. Quello che i potenziali elettori indecisi intercettano è solo una lontana polemica contro la probabile vincitrice. Eppure sono proprio i figli dei più poveri a dover temere la perfezione selettiva sbandierata dalla leader del centro destra. Si proprio loro, che ogni giorno devono schivare il pericolo di annegare. “Vittime delle devianze come droga, alcol, spirale di violenza” perché sarebbero stati “lasciati soli” dice Meloni. E sul fatto di essere stati lasciati soli, come obiettare. Intere generazioni cresciute vedendo i genitori abbruttire sotto il peso delle fatiche. Gli stessi, giovanissimi, che probabilmente diserteranno le urne. Popolo convinto dell’astensionismo.
Giorgia Meloni, per mettere una pezza con chi si è sentito offeso dalle sue parole dice che se sarà premier cercherà “di aiutare chi ha dei disturbi del comportamento alimentare” investendo sul “diritto allo sport”. “A me ha salvato lo sport perché lo sport salva un sacco di gente”. Per carità. È il lavoro però prima di tutto a salvare e distribuite dignità, la possibilità di curarsi, di avere un tetto dignitoso sotto cui vivere. Non un lavoro qualsiasi, sottopagato. È la giustizia sociale a placare la sete di vendetta. È la diseguaglianza la prima piaga che si dovrebbe avere voglia di sanare. Per investire sul futuro, bisognerebbe inoltre essere ossessionati dalla lotta alla crisi climatica, avere piani concreti di transizione energetica. Più che “crescere generazioni di nuovi italiani sani e determinati” si dovrebbe sentire la responsabilità di sottrarli a una condanna già emessa: quella dell’arretratezza dei diritti, della diseguaglianza. Ma che importa, Giorgia Meloni vincerà qualsiasi cosa dica. E sarà la prima donna premier (forse), ma con le sembianze di un uomo al potere. La vera rivoluzione sarebbe stata un’altra. Che a vincere per una volta fosse la gentilezza, l’elogio delle diversità. Ma è una rivoluzione che non vedremo. Almeno per ora.