In questi giorni tutta l’attenzione di media e politica è concentrata sullo scontro a distanza tra il premier Giuseppe Conte e la destra sovranista su Europa, Mes e CoronaBond. Ma esiste un duello tutto interno, di cui quasi nessuno parla, che vede contrapposti due protagonisti della politica italiana che, in apparenza, giocano con la stessa maglia e, in realtà, dal giorno dopo le Europee se le stanno dando di santa ragione. È una questione di prospettiva. Quando Salvini parte all’attacco di Conte, Pd o 5 Stelle, l’obiettivo è il governo ma il bersaglio è la Meloni. E viceversa. Una vera e propria “guerra fredda” consumata a colpi di slogan, annunci, proposte più o meno credibili, e che si misura con numeri e sondaggi.
D’accordo, sgombriamo subito il campo dai dubbi: la sta vincendo Giorgia Meloni. Anzi, il termine “vincere” non è esatto: sta dominando, sta soverchiando, annichilendo, ridicolizzando – scegliete voi il termine che più vi aggrada – l’omologo padano. Non lo diciamo noi ma i numeri. Alcuni sono sotto gli occhi di tutti e hanno cominciato a girare sempre più insistentemente nei corridoi di palazzo, altri sono passati quasi inosservati. Ma tutti portano inequivocabilmente a quello che è ormai un destino già scritto: l’annunciato cambio della guardia nella leadership del centrodestra a trazione sovranista. Non accadrà oggi, né domani, ma accadrà. È solo questione di tempo. Ma vediamo, nel dettaglio, uno per uno, i segreti (e le cifre) di questa rivoluzione, che per certi versi assomiglia più a una restaurazione.
I sondaggi
Partiamo dai sondaggi, che è il saturimetro della politica italiana. E da due dati in particolare: +8,1 per cento e +13,9 per cento. Il primo (+8,1 per cento) è quello che ha guadagnato il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, in meno di 11 mesi, passando da un già allora sorprendente 6,4 per cento ottenuto alle Europee del 26 maggio scorso all’attuale, clamoroso, 14,5 per cento fatto registrare ieri (fonte Tecné per l’agenzia di stampa Dire) con cui Fdi avrebbe addirittura superato i 5 Stelle, attestandosi come terzo partito italiano. In termini relativi, si tratta di un balzo in avanti di circa il 130 per cento: una performance che ha pochi precedenti nella storia recente.
Il secondo dato (+13,9 per cento) è addirittura più eclatante e indica quello che ha recuperato in termini assoluti Fratelli d’Italia alla Lega nello stesso periodo, tra il balzo in avanti della Meloni (+8,1 per cento) e l’evidente flessione di Salvini (-5,8 per cento). E i risultati non cambiano poi di molto anche a volersi affidare alla Supermedia settimanale dei sondaggi, che assegnano alla Lega lo stesso identico risultato (28,5 per cento) e riconoscono a FDI un comunque imponente 13,5 per cento. Da qualunque parte e con qualunque fonte la si voglia vedere, non cambia la sostanza ma solo la velocità di un passaggio per certi versi storico.
Il consenso
In attesa dei rispettivi partiti, c’è un rilevamento nel quale Giorgia Meloni ha già sorpassato Matteo Salvini: quello della fiducia nei leader. Secondo il sondaggio Ipsos per La7, dietro l’inarrivabile Giuseppe Conte (al 63 per cento), ci sarebbe proprio Giorgia Meloni, con il 30 per cento, e Salvini solo terzo con il 27 per cento. Un trend che si conferma ormai da qualche settimana e che premia soprattutto quella che viene percepita come una maggiore coerenza da parte della numero uno di Fratelli d’Italia. A cui tutto si può dire, ma che – se non altro – “Prima gli italiani” lo diceva già quando Salvini era ancora a tifare Francia su Radio Padania e dava ai napoletani dei “colerosi terremotati” a Pontida. Ma, a pesare in questo avvicendamento storico, c’è anche un altro fattore decisivo: la capacità di Giorgia Meloni di combinare un linguaggio urlato e populista con una certa sobrietà, si direbbe persino serietà, nei toni e nella forma. Nessuno l’ha mai vista travestita da poliziotto, vigile del fuoco, milite della Protezione civile, persino medico, né recitare l’eterno riposo in favore di telecamere insieme a Barbara D’Urso. Con tutti i limiti e difetti, non fa parte della strategia comunicativa di Fratelli d’Italia. E, in un momento di grande emergenza come quello che stiamo vivendo, gli elettori hanno incominciato ad accorgersene. E ad apprezzare.
I social
Tra tutti, il tasto più dolente per Salvini paradossalmente lo troviamo nel territorio su cui la “Bestia” ha costruito quasi a tavolino il fenomeno Salvini: i social in generale e Facebook in particolare. Gli insight delle rispettive pagine fotografano, meglio di qualunque sondaggio, il terremoto interno al centrodestra. Del crollo di Salvini sui social avevamo già parlato in precedenza. La novità, semmai, è la prepotente ascesa di Giorgia Meloni, che, a dispetto di un bacino di follower relativamente basso (1,5 milioni contro i 4,2 di Salvini), ha un engagement in proporzione nettamente superiore al “Capitano”. Per avere un’idea di quello di cui stiamo parlando, basti dire che la pagina della leader di Fdi, a fronte di un terzo circa di seguaci, raggiunge ben oltre la metà delle interazioni totali del collega padano: 6,8 milioni a settimana contro 11,9. E lo fa, soprattutto, con circa la metà dei post totali (36 contro i 66 di Salvini). Ciò significa, centrifugando insieme tutti i dati, che Giorgia Meloni ha un tasso di engagement circa tre volte superiore a quello di Salvini: un’enormità.
I costi
Il dato social risulta ancora più impressionante se lo confrontiamo con le spese sostenute dai due leader sulla stessa piattaforma. Come riportato da Money.it, tra marzo 2019 e marzo 2020, Salvini ha speso in inserzioni e post sponsorizzati su Facebook la cifra astronomica di 253.466 euro. Circa 100mila in più del secondo, Matteo Renzi, e addirittura sei volte tanto rispetto alla Meloni, che si ferma al quinto posto con 42.085 euro, dietro Berlusconi e Calenda. Ma c’è un dato ancora più interessante che dovrebbe far preoccupare la “Bestia” e riguarda il modo differente con cui i due alleati-contendenti intendono il proprio partito, la propria immagine e, in fondo, la politica stessa. Nello stesso periodo, infatti, Fratelli d’Italia ha investito per la promozione del partito 40.790 euro, sostanzialmente la stessa cifra utilizzata per la sua leader. La Lega, al contrario, ha speso per il partito meno di 1.000 euro (800 per l’esattezza), a fronte degli oltre 250.000 del suo leader. In pratica, la campagna di comunicazione leghista è stata interamente incentrata sulla promozione della personal identity del leader, a discapito di tutto il resto. Ora forse è più chiaro quanto sia impressionante il confronto tra le performance social di Salvini e Meloni e quanto spaventino Morisi & C.
Insomma, numeri alla mano, ci troviamo di fronte ai prodromi di un cambiamento epocale, l’ennesimo. Quello che sta accadendo assomiglia per certi versi alla dinamica con cui, anni fa, Salvini ha scalzato Berlusconi da una leadership che chi è cresciuto nella Seconda Repubblica credeva fosse contendibile solo dalla biologia. Oggi come allora, stiamo assistendo a una sorta di cambio di paradigma che si può riassumere in quattro keyword, con un + davanti: più giovane, più nuova (almeno all’apparenza), più coerente, più credibile. Queste ultime due francamente non erano impossibili. Ce n’è una quinta: più istituzionale. E, anche su questo fronte, fare peggio del “Capitano” era francamente difficile. Senza contare che Giorgia Meloni è una donna, e anche nell’elettorato di destra cominciano a farsi più forti le spinte di chi vorrebbe spezzare un tabù fino a pochi anni fa ritenuto intoccabile: la prima donna premier in Italia. Pensate lo smacco se a farlo non fosse la sinistra, ma la destra stessa. Un altro punto in più per Giorgia. La strada ormai è tracciata. Non è più se, ma quando. E, soprattutto, a che prezzo. Perché, in una sfida senza esclusioni di colpi di fake news e propaganda, a perderci rischia di essere ancora una volta l’Italia.