Leggo l’agiografia di Mattia Santori, 33 anni, sulla pagina delle Sardine e mi sembra di ascoltarla con la voce narrante che accompagna l’arrivo di Enzo Paolo Turchi all’Isola dei famosi o qualcosa del genere. E intanto non posso smettere di interrogarmi su quale sia il mio passaggio preferito, perché è tutto un immenso capolavoro. Intanto la foto: c’è Mattia, di spalle, con un paio di pantaloncini pezzati di sudore sulle chiappe che osserva un doppio arcobaleno. Perché se un normale sognatore vede un arcobaleno, Mattia Santori ne vede due coi pony che ci volano dentro. E si commuove, assieme ai suoi pantaloncini pezzati.
Apprendo poi che quando Mattia aveva 14 anni le insegnanti lo volevano allo scientifico, ma lui ha scelto “di testa sua” l’alberghiero. Insomma, già l’animo del sovversivo. Poi però capisce che la cucina non era il suo mondo. Quindi quella che a 14 anni viene dipinta come una scelta rivoluzionaria, di opposizione alle autorità, era una cazzata. Appena scopre che per preparare una lasagna ci vogliono tre ore di lavoro e poi non c’è più tempo per le biciclettate e gli arcobaleni, Mattia cambia strada. Avevano ragione le insegnanti.
Ma, attenzione, perché chi pensa che Santori sia un fancazzista, chi sospetta che questa agiografia sia una clamorosa montagna di cazzate fuffose, trova subito conferma dei suoi sospetti nell’elenco delle attività praticate da Santori negli anni in parrocchia. Tra queste spicca “insegnante di frisbee”. Giuro. C’è scritto. Ora, tutti noi qualche volta nella vita abbiamo infarcito il curriculum di esperienze irrilevanti per fare volume, per carità, ma dopo “insegnante di frisbee” vale tutto. Vale “esperto scavatore di piste per biglie su sabbia”. Vale “pulitore di fughe nere”. Vale “coltivatore di rosmarino a tempo perso”. Si spera solo che in parrocchia avesse sufficiente spazio per insegnare frisbee ai bambini, altrimenti si giocavano un prete a settimana.
Ma le esperienze di Mattia non si fermano qui, perché è “una vita vagabonda la sua”. Lui non viaggia come noi, no, le sue sono vere e proprie “emigrazioni”, dice l’agiografia. Cioè, per lui l’Erasmus è emigrazione. Quindi se passeggia fino a una malga in Trentino fa turismo aerospaziale. Attenzione, però, perché ha viaggiato anche tra Ecuador, Colombia, Venezuela e Grecia. In Grecia “per amore” non si sa di che, se del sirtaki, della moussaka o del decifit pubblico. Insomma, resta solo il dubbio su come facesse a campare tra emigrazioni, frisbee e arcobaleni, ma lui è una sardina mica un mulo da soma, non siate severi. E quindi Mattia diventa un ragazzo “forgiato alla diversità”.
In effetti, tra chi lavora e chi “vagabondo che son io”, c’è una bella differenza. E in questo senso, il passaggio sulla sua “sensazione di non fare mai abbastanza che lo divora”, è pertinente. Non è una sensazione, Mattì. Tante friggitorie ti hanno atteso invano, negli anni. Ma l’agiografia ha i suoi picchi sul finale: “La sua presenza in televisione, il suo tenere testa ai lupi della politica”, “i suoi occhi stanchi”, “un senso di appartenenza a una dimensione sardinica” e così via, un florilegio di boiate enfatiche che ti chiedi chi abbia potuto scrivere una cosa così, pensando che potesse essere d’aiuto a Mattia Santori. Forse la madre di Mattia Santori. Forse uno a cui sta sui coglioni Mattia Santori. Forse Mattia Santori. Fatto sta che un insegnante di frisbee, magari con qualche rudimento sui boomerang, dovrebbe sapere che certe cose tornano indietro.