Non lo abbiamo potuto salutare come avrebbe meritato, ma proviamo qui a ricordarlo.
È scomparso pochi giorni fa a Roma a settantacinque anni Luca De Mata, intellettuale eclettico e padre di Caterina, cara amica di Tpi, cui va l’abbraccio sincero di tutta la redazione.
Luca ha operato nell’ambito del giornalismo come regista e autore di inchieste tv per la Rai, e della comunicazione per grandi aziende come consulente e ideatore di progetti multimediali.
Professore “di chiara fama” alla Sapienza di design, comunicazione visiva e multimediale, fondatore e curatore del sito della Santa Sede per il Grande Giubileo del 2000 (agli albori di internet, un milione di contatti al giorno e traduzione in undici lingue), direttore dell’agenzia Fides (incarico che lo aveva portato per anni a viaggiare in tutti gli angoli del globo), De Mata era cittadino del mondo e aveva lavorato a lungo per costruire ponti tra le diverse religioni seguendo gli ideali di rispetto e libertà che l’esempio della mamma partigiana gli aveva insegnato.
Con l’amata moglie Orsa, anche lei purtroppo recentemente venuta a mancare, discendente della storica famiglia Besso, protagonista del Risorgimento italiano e della finanza, ha portato avanti le attività culturali della Fondazione Besso, che nella sua storica sede di Largo di Torre Argentina custodisce una ricca biblioteca dantesca.
Da anni Caterina, l’unica figlia di Luca, si occupa dell’importante centro culturale di famiglia promuovendo seminari, dibattiti, manifestazioni, mostre e convegni.
Dal 2016, Tpi, grazie a Caterina, ha l’onore di ospitare presso le prestigiose sale della Fondazione ragazze e ragazzi che aspirano a conoscere e a orientarsi nel mondo del giornalismo attraverso le lezioni di professionisti della carta stampata, della tv e del web.
Ci piace concludere questo breve ricordo di Luca con le parole che egli riservava a chi, secondo lui, aveva avuto la pazienza di arrivare fino in fondo nella lettura del suo ricco, anomalo e divertente curriculum vitae, che noi abbiamo ricevuto da Caterina e letto con grande piacere:
“grazie per essere arrivati fin qui.
Con affetto a chiunque mi ha letto, solo sfogliato,
o messe queste pagine in quel grande archivio che ognuno di noi ha:
x il cestino della carta!
Vostro luca de mata”
La Fondazione Marco Besso
Nella città dei grandi palazzi nobiliari, quello che ospita la Fondazione Marco Besso forse passa inosservato e per molte persone rappresenta solo una parte di quella lunga scenografia urbana che è corso Vittorio, costellata da edifici in gran parte ottocenteschi alternati a chiese e palazzi più antichi.
Ciò non significa che la storia e le vicende di questo palazzo siano trascurabili, anzi. Uno dei “problemi”, se così possiamo definirlo, di Roma, è proprio che di fronte a tanta storia e tanta bellezza, non si riesce a dare il giusto spazio a luoghi che hanno una loro importanza, una loro storia, che andrebbe la pena di raccontare.
In questo punto di Roma, la storia si respira ovunque: basta attraversare la strada per trovare i ruderi dell’area sacra di Torre Argentina, dove nelle famigerate Idi di Marzo del 44 avanti Cristo venne ucciso Giulio Cesare e dove oggi vivono, accuditi da volontari e da spiriti volenterosi, i gatti di una colonia felina nota in tutto il mondo.
Ed è in mezzo alla storia che la fondazione Besso, che ha proprio nello studio della storia di Roma uno dei suoi punti capisaldi, ha la propria storica sede, ospitando una ricca biblioteca che conserva anche importanti documenti relativi allo studio di Dante. A istituirla nel 1918 fu proprio quel Marco Besso di cui porta il nome, un importante dirigente, esponente di quell’alta borghesia che prese piede a Roma dopo l’annessione al Regno d’Italia e che fece carriera in alcune delle più importanti aziende italiane, tra cui le Assicurazioni Generali e la Banca Commerciale Italiana.
E’ nel contesto di una Roma che cambia faccia, che è da pochi decenni capitale di un nuovo stato, che Besso acquistò dalla Banca Tiberina il palazzo di Torre Argentina, nel 1905.
L’istituto bancario aveva rilevato il palazzo, alterandone notevolmente l’aspetto, dalla nobile e storica famiglia fiorentina degli Strozzi nel 1882, dopo che questi avevano preferito fare ritorno alle loro radici nel capoluogo toscano, portando con sé numerose delle memorie a loro legate, tra cui importanti opere d’arte come il San Lorenzo sulla Graticola del Bernini.
Gli Strozzi, a loro volta, avevano acquistato il palazzo nel XVII secolo, palazzo che era stato realizzato all’inizio del secolo su una serie di case di proprietà della famiglia Rustici che sorgevano a loro volta su un’area probabilmente abitata fin dall’antichità, come dimostrano i vicini ruderi di Torre Argentina e i suggestivi resti che si vedono nella strada sul retro dell’isolato, dal singolare nome di via dell’Arco della Ciambella.
Una continua stratificazione, paradigmatica della storia di un isolato di questa zona di Roma, che non poteva essere sede più opportuna per un luogo dedicato allo studio di Roma come la fondazione Marco Besso.
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