Il linguaggio dei banchieri centrali: come è cambiato e quanto influenza i mercati
Il linguaggio dei banchieri centrali, nel corso dei decenni, è radicalmente cambiato. Anzi, a dirla tutta, sino a qualche decennio fa del banchiere centrale se ne conosceva a malapena la voce. Una volta l’anno – più per dovere e legge che per volontà – in una riunione annuale si faceva il punto della situazione. Quella del banchiere centrale era una figura austera, riservata, impermeabile. E così, di conseguenza, il suo linguaggio.
Nel corso tempo però, questa figura ha sempre più guadagnato la luce dei riflettori. Riunioni con regolare scadenza, interviste, partecipazione, seppure saltuaria, a dibattiti. La figura, profondamente tecnica, richiede alta competenza. PhD presi in posti simili ad Harvard, MIT oppure Oxford, carriere accademiche brillanti. Ma poi ci sono i mercati, e per capire i mercati non basta studiarli. Bisogna averli vissuti, averci avuto a che fare. Perché quando il banchiere parla, i mercati moltiplicano le orecchie, interpretano, provano a prevedere. In un mondo iper-connesso, con i mercati schiavi di logaritmi e interpretazioni di parole, una parola, una virgola, un aggettivo al posto di un altro nel comunicato stampa o sui verbali può cambiare il corso degli eventi. Inoltre, ciliegina sulla torta, durante la conferenza stampa, ci sono le domande dei giornalisti. Cosa chiederanno? Cosa risponderà il banchiere? Che parole utilizzerà? I mercati stanno attenti anche ai movimenti del corpo, una parola pronunciata con più enfasi, una smorfia. Per il banchiere centrale, ogni incontro è una finale del campionato mondo. Specie di questi tempi.
Senza andare lontanissimo, anche i non addetti ai lavori ricorderanno le parole di Mario Draghi quando l’Euro navigava in brutte acque. “Whatever it takes“, la frase che forse ha dato una sterzata rimettendo in carreggiata l’Euro, sino al meno fortunato “We are not here to close spreads” di Christine Lagarde, che fece impennare di colpo la curva dello sfortunato BTP italiano. Le parole sono sassi e nei mercati possono diventare valanghe. Lo strumento della comunicazione è diventato, specie negli ultimi decenni, uno degli utensili fondamentali nella cassetta degli attrezzi del banchiere centrale.
La forward guidance, ad esempio, è una strategia comunicativa utilizzata dalle banche centrali con la quale si danno indicazioni circa le proprie intenzioni future, diffondendo le proprie previsioni sui tassi d’interesse e sulla politica monetaria. L’indicare ciò che si vuole fare. Le proprie intenzioni, utilizzare accuratamente il linguaggio, specie quando, con i tassi d’interesse, si è ridotto lo spazio di manovra, come in questi tempi dove sono già prossimi allo zero se non addirittura negativi.
Sir Mervyn King, governatore della Banca d’Inghilterra, spiegò abbastanza chiaramente come il gol più bello della storia del calcio, quello di Diego Armando Maradona contro l’Inghilterra nel 1986, possa fare da esempio con la gestione della politica monetaria. “La cosa veramente notevole è che Maradona ha corso praticamente in linea retta. Come puoi battere cinque giocatori correndo in linea retta? La risposta è che i difensori inglesi hanno reagito a ciò che si aspettavano che Maradona facesse. Poiché si aspettavano che Maradona si muovesse a destra o a sinistra, lui è stato in grado di andare dritto”, disse Sir Mervyn, che rimase al timone della più antica delle banche centrali dal 2003 al 2013, nel pieno della crisi finanziaria.
Allo stesso modo, convincendo i mercati che si intraprenderanno azioni di politica monetaria in una direzione o nell’altra, le banche centrali possono lasciare che tali aspettative creino delle mosse nei mercati stessi, facendo sì che i mercati facciano il proprio lavoro e spesso senza che sia la Banca centrale a farlo. La “teoria di Maradona” sulla politica monetaria è quella che le banche centrali più importanti del mondo, tra cui la Federal Reserve, la Banca centrale europea e la Bank of England, mettono in campo ormai da anni. In particolar modo adesso, quando le azioni sui tassi d’interesse hanno poco margine di manovra in quanto a zero o addirittura negativi, nella cassetta degli attrezzi del banchiere centrale la comunicazione è tutt’altro che un’arma di serie B.
Ad aiutare a capire cosa intendano dire i banchieri cercando di “capirne e carpirne” il messaggio spesso da decodificare, la tecnologia ha fatto certamente la sua parte. Basti pensare a Prattle Analytics, capace di sviluppare un software in grado di leggere la dichiarazione del banchiere centrale. Il robot – di questo si tratta – impiega circa 45 secondi per leggere un messaggio di circa 500 parole e mapparle su 80 miliardi di connessioni per apprendere come la lingua è interconnessa. Quindi analizza tutto il linguaggio precedente per quella banca centrale per determinare il probabile impatto sul mercato.
Questo per fare capire come le parole, la loro declinazione e selezione appropriata siano dei pilastri della strategia comunicativa. Come ha sottolineato per TPI Frederik Ducrozet – Strategist di Pictet Wealth Management, “la comunicazione della banca centrale resta essenziale per la corretta trasmissione dell’orientamento politico ai mercati e al grande pubblico”. “Poiché negli ultimi tempi il ruolo delle banche centrali è diventato sempre più importante nel salvaguardare la stabilità finanziaria ed economica, lo è anche la loro comunicazione e le numerose domande che solleva in termini di indipendenza, responsabilità politica, eccetera. Non è un caso che sia la Fed e la BCE abbiano iniziato a partecipare a eventi specifici per ‘ascoltare il pubblico’ con l’obiettivo di migliorarne la comunicazione. Nel frattempo, i partecipanti al mercato ascolteranno sempre i banchieri centrali per avere indicazioni sui loro prossimi passi”, sottolinea Ducrozet.
Ducrozet analizza poi anche la questione delle comunicazione ai tempi dei tassi a zero, o negativi. “I tassi ufficiali sono alla loro fascia inferiore zero (o negativa) e le indicazioni future delle banche centrali implicano che i tassi non aumenteranno per diversi anni. Tuttavia, la comunicazione della banca centrale è ancora importante, per diversi motivi”, sottolinea lo strategist di Pictet Wealth Management. “In primo luogo, i bilanci delle banche centrali sono diventati fattori più importanti per il mercato obbligazionario, compresi gli effetti di flusso derivanti dai cambiamenti nel ritmo degli acquisti di attività o da aspetti più tecnici dei programmi di quantitative easing (inclusa la scadenza degli acquisti di attività). In secondo luogo, in alcuni casi la banca centrale utilizza più attivamente tassi di riferimento diversi, ad esempio il tasso di prestito più basso della BCE applicato alle operazioni OMRLT-III (50 punti base al di sotto del tasso sui depositi della BCE) per il quale la forward guidance può influenzare più specificamente le aspettative del mercato”, conclude Ducrozet.
Sul modo in cui i banchieri centrali siano oramai diventati dei protagonisti nell’indicare il percorso economico, Luca Lixi – fondatore della Lixi Invest – ha argomentato per TPI: “Viviamo in un’epoca dove i banchieri centrali sono diventati superstar della finanza e dell’economia, e tra i principali attori sul mercato. Si è passati infatti da un mondo in cui le banche centrali si limitavano a svolgere funzioni di politica monetaria tradizionale (costo del denaro, tassi di interesse, stabilità dei prezzi e controllo inflazione), ad un mondo in cui le banche centrali influenzano fortemente tutti gli asset con operazioni una volta considerate straordinarie”. “Le parole dei banchieri centrali – prosegue il fondatore di Lixi Invest – sono diventate quindi uno dei maggiori catalizzatori del mercato, nella convinzione che continuerà a venire esercitata per sempre la ‘FED put’: ovvero l’intervento tempestivo in aiuto e sostegno di finanza ed economia da parte delle banche centrali, qualunque cosa di negativo possa accadere. Inclusa una pandemia”.
Parole, frasi, comunicazione che hanno importanti ricadute anche sul piccolo risparmiatore. Lixi si sofferma infatti su come – nei tempi dei tassi a zero – il focus sulle parole del banchiere siano uno dei nuovi architravi per una corretta gestione finanziaria, anche di un piccolo portafoglio. “Attraverso i vari ‘Quantitative easing’ (massicce iniezioni di liquidità arrivate ad acquistare a piene mani, sul mercato titoli del debito pubblico, obbligazioni del settore privato, obbligazioni bancarie, ndr), si è creato un mondo di ‘tassi zero o negativi’, che costringe investitori professionali e risparmiatori privati a ricercare rendimento su asset class notoriamente più rischiose”, spiega il Ceo di Lixi Invest. “Senza agitare necessariamente lo spauracchio di una bolla in Borsa, una parte dei grandi flussi di denaro confluiti sul mercato azionario deriva proprio dal meccanismo noto come T.I.N.A., There is no alternative, non ci sono alternative!”.
“Dobbiamo ricordare che il mercato – dice ancora Lixi – quantomeno nel breve termine si muove sulla base delle aspettative per il futuro e non per i dati e i fatti del passato, ormai già scontati nei prezzi”. “Per questo motivo – prosegue il professionista – consapevoli di avere oggettivamente spazi di manovra reali ormai nulli (vedi repentino ribasso di mercato di fine 2018 coinciso con il timido tentativo di riduzione del bilancio della FED), anche le sole parole, linguaggio del corpo o atteggiamento dei banchieri centrali diventano ancora più rilevanti sui movimenti di mercato del breve termine”. Lixi – autore del testo “I X comandamenti dell’investimento finanziario” – si rivolge al piccolo risparmiatore dispensando qualche consiglio prezioso: “Il consiglio è ‘Don’t fight the FED, but don’t depend on it either‘. Non combattere la FED, ma non dipendere neppure da essa. Una buona strategia di pianificazione personale finanziaria e di investimento deve essere il più possibile ‘Antifragile’ rispetto alle manovre delle banche centrali di breve termine. Questo si può ottenere solo grazie all’individuazione di obiettivi di investimento chiari e reali, al corretto processo di diversificazione tra asset class e al giusto orientamento al lungo termine. Inoltre, è opportuno imparare a riconoscere le proprie sensazioni e reazioni emotive (paura, euforia, sconforto, avidità) di fronte ai movimenti di mercato, poiché è qui che si commettono i più grandi errori decisionali e si va incontro a rendimenti insoddisfacenti o perdite”.
Torna sull’importanza della semantica anche Emanuele Canegrati – Senior Analyst per BP Prime – che ha commentato per TPI: “La semantica, nella politica monetaria moderna, è diventata una componente imprescindibile per i trader. Le dichiarazioni di un banchiere centrale della Fed o della BCE possono spostare miliardi di dollari in pochi secondi. Cosa dire, come dirlo, a chi dirlo. Sono le domande alle quali i banchieri centrali devono essere in grado di dare una risposta ogni volta che fanno dichiarazioni pubbliche. Esiste un linguaggio specifico, molto sofisticato e tecnico, riservato agli addetti ai lavori, in cui una virgola fuori posto, un aggettivo sbagliato, una risposta data o non data ai giornalisti è in grado di spostare il mercato, da quello forex a quello azionario, passando per il fixed income. Mi è capitato personalmente di assistere in diretta alle reazioni dei trader che investivano sull’euro-dollaro nel momento in cui venne dichiarata la cessazione del Quantitative Easing da parte del presidente della BCE Mario Draghi. In quel momento, mi è apparso evidente il motivo per cui esperti di informatica si ingegnano addirittura per creare software che in tempo reale sono in grado di evidenziare le differenze semantiche degli statement rilasciate dalla banche centrali: i trader che prima comprendono quelle differenze guadagnano, quelli che arrivano dopo perdono”.
“Può sembrare un gioco – prosegue il broker londinese – o mera speculazione, ma tant’è: è la semantica monetaria una delle frontiere del trading moderno. E vale trilioni di dollari”. Le parole, spesso più forti degli stessi strumenti tecnici, vanno quindi scelte, lavorate, selezionate fra quelle da dire e, con la stessa importanza, fra quelle da non dire. Il tempo è denaro riporta un vecchio adagio. Bene, allo stesso modo, lo sono anche le parole. Si, anche quelle non dette.
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