Da quasi tre anni, a essere precisi dal 24 febbraio 2022, data d’inizio della guerra in Ucraina, il mondo ha superato quella linea rossa che faceva da flebile argine a un ordine mondiale sempre più debole che di fatto continuava in gran parte a basarsi su retaggi della Guerra Fredda proseguiti per inerzia dopo la caduta dell’Urss. Perché è vero, il crollo del Muro di Berlino ha messo fine a un equilibrio globale definito, ma nessuno nuovo se ne è formato.
Questa crisi, però, non ha riguardato solo l’Ucraina: inutile metterci a fare l’elenco di quante tensioni si siano riacutizzate in questi anni, quanti Paesi abbiano intrapreso politiche di riarmo e quanti abbiano abbandonato preesistenti politiche di neutralità. Se queste cose sono avvenute proprio in questi ultimi anni, viene da pensare che sia proprio per il contesto sempre più fragile, in cui un Paese si sente più garantito attraverso le armi che con la diplomazia in questo ordine sempre meno definito.
Inutile a dirsi, anche il Medio Oriente, con tutto ciò che è accaduto dal 7 ottobre 2023, va assolutamente inserito in questo contesto. È proprio questa parte di mondo che ci mostra quanto il ruolo dell’Onu, nata mentre si formava l’ordine mondiale della Guerra Fredda, sia sempre meno efficace in molti contesti.
L’inizio delle operazioni belliche israeliane nel Libano meridionale ha avuto, tra i vari strascichi, una notizia che ha fatto il giro del mondo e che è risultata inaccettabile a gran parte dell’opinione pubblica, ovvero che l’esercito dello Stato ebraico ha colpito alcune postazioni dell’Unifil, il contingente delle Nazioni Unite nel Libano meridionale, danneggiandole e ferendo alcuni Caschi blu. Questa notizia, oltre a sollevare chiaramente una serie di proteste e un certo sdegno, ha anche messo la lente di ingrandimento sul ruolo della forza di interposizione Onu, sulla sua funzione e in generale su quanto le Nazioni Unite siano in grado di fare nella gestione dei conflitti.
L’Unifil, infatti, è in Libano dal 1978 e dal 2006 ha nel suo mandato il controllo e il sostegno all’esercito di Beirut nell’attuazione della risoluzione 1701/2006, che ha portato alla conclusione della guerra di quell’anno e al ritiro da parte di Israele dall’area tra il confine e il fiume Litani. La risoluzione avrebbe anche dovuto portare Hezbollah a fare lo stesso e deporre le armi. Avrebbe, perché come abbiamo visto quest’ultimo punto non è stato attuato.
Viene allora da chiedersi cosa siano in grado di fare queste missioni nell’odierna crisi dell’ordine mondiale. E non certo a livello militare, essendo una forza ben armata e guidata da generali esperti, ma di possibilità di azione e legittimità politica.
In uno Stato come il Libano, che ha immensi problemi e perciò da solo non avrebbe facilmente potuto allontanare Hezbollah dall’area, sono necessari un forte mandato internazionale e regole di ingaggio tali da permettere di far rispettare la risoluzione con la collaborazione di Beirut. Non è stato così già dal 2006, lo è ancora di meno in quest’epoca di disordine mondiale in cui trovare una soluzione per mantenere la pace sarebbe necessario, ma sembra sempre più difficile.
Leggi l'articolo originale su TPI.it