In Transatlantico raccontano così la fine del sovranismo in Italia: “La prima botta Salvini l’ha presa con il Papeete, la seconda con il covid e la terza, quella definitiva, con la guerra dell’amatissimo Putin”. Insomma, un terremoto. In casa Lega non sanno più se Salvini sia ancora un punto di forza o piuttosto non sia diventato il vero punto di debolezza del partito: “Ormai parla come il Papa ma dovrebbe ricordarsi che lui non ha l’autorevolezza di Francesco ed in quanto politico e capo di un partito dovrebbe concorrere a trovare delle soluzioni concrete per risolvere il problema del conflitto. Non può limitarsi a fare il pacifista e ad esecrare le bombe”. Sembra un figlio dei fiori: “Le bombe non fermano le bombe, i razzi non fermano i razzi e al nucleare non si risponde con il nucleare”.
All’estero, poi, il capitano è “bruciato”, il suo nome non è più spendibile in nessuna capitale: la sua vicinanza a Putin e gli attacchi che ha ricevuto in giro per l’Europa lo rendono “unfit” agli occhi di tutti i palazzi del potere che contano. Nessuno vorrà più sedersi a trattare con lui. Questa è l’aria che tira in casa Lega dove sono tutti terrorizzati per i sondaggi che vanno sempre più giù (ormai il partito è un soffio dal 15%) e per il fatto che con il taglio dei parlamentari alle prossime politiche molti dovranno rinunciare all’amato seggio romano. Che fare dunque? C’è chi sta già pensando ad un piano b: una “bolla” da stringere intorno al leader leghista. Non appena il partito starà tra il 10 e il 15%, scatterà l’operazione per salvare il salvabile.
Il leader verrà “commissariato”, gli verranno imputati tutti gli errori commessi negli ultimi anni e pur non potendolo cacciare (la cosa sarebbe possibile solamente con un congresso dopo le elezioni politiche) faranno di tutto per stringere attorno a lui una segreteria il più possibile allargata ed autorevole che lo “aiuterà” nelle decisioni più importanti. Il capitano, quindi, verrà “blindato”: “Non è più in grado di guidare il partito”, il refrain che comincia a circolare tra la base leghista. Altro motivo di grande sofferenza in via Bellerio è l’ascesa nei sondaggi di Giorgia Meloni: in caso di vittoria del centrodestra alle prossime politiche (sempre che il centrodestra si presenti compatto) appare molto probabile che sarà lei a prendere il posto di Mario Draghi. Uno smacco in più per il capitano leghista e per tutto lo stato maggiore del Carroccio che da anni assaporavano il momento della vittoria e che invece potrebbero ritrovarsi a fare da portatori d’acqua alla Giorgia nazionale.