Fateci caso. Un discorso fortemente politico è stato trasformato da molti media in un discorso privato. Ed è ovvio che fosse giusto e toccante l’omaggio familiare di Joaquin Phoenix, che dopo aver ricevuto il premio Oscar, ha ricordato il fratello morto. Ma il titolo non era quello. Il titolo, come giustamente ha scelto di sottolineare questo sito, andava centrato su quel passaggio: “Dobbiamo lottare contro l’idea che una razza, un’idea siano dominante rispetto a qualcuno, impunemente”.
Non è la prima volta e non sarà l’ultima. Nei tempi in cui l’America rischia il buio, Hollywood accende sempre la luce. È così dagli anni Cinquanta, quando nella pagina oscura del Maccartismo, delle liste nere, della delazione contro le anime più progressiste del mondo del cinema, furono giganti come Charlie Chaplin a tenere alta la bandiera dei diritti.
È stato così negli anni Settanta, quando star come Jane Fonda, Robert Redford e Sidney Pollak fecero sventolare, con il loro cinema e con il loro impegno, la bandiera del pacifismo. Hollywood in prima linea contro la guerra, e nelle piazze a brucare le cartoline di precetto. È stato così anche ieri, con il discorso di Phoenix, che è figlio legittimo di uno dei film più politici di questi anni, un Joker virato di impegno e contenuti sociali.
Abbiamo già scritto su TPI che si è trattato di un film “profetico” perché ha predetto le rivolte di una stagione di piazza, nata intorno alla rabbia e alle nuove forme di mobilitazione dei social. Il racconto di Joker ha anticipato il vento della protesta in Cile, in Libano, in Ecuador, in Francia (e forse persino qualche “lisca” delle piazze riempite dalle Sardine). Se non altro perché quel film ha messo a fuoco il nesso tra le nuove disuguaglianze e il rancore sociale.
Ma, durante il suo discorso, Joaquin Phoenix si è spinto molto oltre, lanciando un appello a lottare a favore dei “diritti” contro “le diseguaglianze di genere, il razzismo o la discriminazione omofoba. Phoenix ha fatto suo persino lo spirito neo-ecologista di Greta: “Siamo così disconnessi dalla natura, con un punto di vista egocentrico – ha sottolineato – che andiamo nella natura e la distruggiamo. Commettiamo crimini contro gli animali. Abbiamo paura dell’idea di cambiare, ma dovremmo usare l’amore e la compassione come principi di guida”.
E il passaggio d’esordio del discorso sembrava un appello da campagna elettorale: “Dobbiamo continuare a usare la nostra voce per darla a chi non ce l’ha. Ho riflettuto molto – ha detto Phoenix – su alcune delle angoscianti questioni che affrontiamo oggi. Sia che stiamo parlando di disuguaglianza di genere o di razzismo o di diritti degli indigeni o degli animali, stiamo parlando della lotta contro l’ingiustizia. Stiamo parlando della lotta contro la convinzione che una nazione, un popolo, una razza, un genere o una specie abbiano il diritto di dominare, controllare e utilizzare e sfruttarne un’altra impunemente”.
Non guardate i titoli fuorvianti, non cedete al vento di chi dice “Non è compito suo”. Casomai ascoltate il discorso di Joaquin Phoenix facendovi la domanda opposta: chiedetevi come mai a parlare di disuguaglianze, dopo anni di silenzio, debba essere un attore e non un politico. Auguriamoci che questo coraggio civile diventi contagioso.