La notizia è che un partito di sinistra sta promettendo di fare politiche di sinistra. Il bello è che ne rimangono stupiti tutti: quelli della sinistra stessa, o che tali si professano, oltre a commentatori e analisti.
Jeremy Corbyn viene spesso etichettato come marxista, socialista puro, chavista e quant’altro. Un pericolo per gli imprenditori, la finanza, l’economia in generale, la società. In realtà il vecchio Jeremy è semplicemente di sinistra, quella vera.
Ma, se si legge il programma laburista di questo giovanotto di 70 anni che guida il Labour Party qui nel Regno Unito, si capisce che per il vero elettore di quell’area è una cosa assolutamente normale. Dovrebbe esserlo, senza lasciare nessuno sorpreso.
Ci si meraviglia, insomma, che il capo di un partito nato per la tutela dei lavoratori, per la giustizia sociale, per la redistribuzione, per il voler dare a tutti le stesse opportunità, di colpo, lo voglia pure fare mettendolo per iscritto nel proprio manifesto elettorale.
Fa notizia che un partito di sinistra, dopo anni passati a non rappresentare la sua anima storica e originaria, di colpo si renda conto che debba fare “la sinistra”.
Jeremy Corbyn promette uno Stato che torni a gestire acqua, ferrovie e servizio postale. Uno Stato che investa ancora di più nella sanità e in cui le università siano gratis per tutti. Il suo programma prevede anche di costruire un milione di abitazioni a uso popolare.
“Negli ultimi dieci anni pochi privilegiati hanno beneficiato di gran parte della ricchezza grazie ai Conservatori e lo hanno fatto a spese della maggioranza”, dice Corbyn durante la presentazione del suo programma.
“Il Labour farà del Regno Unito un paese che si occupa di tutti, dove potere e benessere saranno condivisi. Non voglio continuare a vedere altre famiglie senza una casa adeguata e cittadini fare la fila dove si distribuisce cibo o dormire per strada. Uno Stato dove milioni di persone faticano ad arrivare alla fine del mese, mentre i tagli alle tasse sono riservati ai più ricchi”.
Passo fondamentale, poi, quello sulle nazionalizzazioni. “Porteremo ferrovie, i servizi postali, acqua e energia sotto la proprietà pubblica per fermare l’ondata di privatizzazioni e farvi risparmiare in tasse e bollette”.
Jeremy Corbyn è uno che torna alle radici, all’essenza del suo partito, “laburista” appunto, con la tutela del lavoro al centro della sua politica.
Propone di portare a 10 sterline l’ora il minimo per tutti i lavoratori, con uguali diritti sul posto di lavoro a partire dal primo giorno e rinforzando i diritti sindacali.
Il suo programma, inoltre, impone alle grandi aziende di destinare il 10 per cento delle azioni ai dipendenti. E non si risparmia sulla politica estera, che, dice, sarà “basata sulla pace, sulla giustizia e sui diritti umani”.
Non so se Corbyn sarà un vincente o se perderà. Non so nemmeno quale sia il corretto modello economico e sociale. Tutte queste risposte non le posso avere, invidio chi ce le ha. Ma nella sua area, il leader laburista ha spostato il dibattito riportandolo nei binari della sua origine storica.
Da ultimo aggiungo che Corbyn è un politico, e come tale parla a un elettorato che deve sedurre e convincere. Poi la realtà, come spesso accade, cambia l’agenda e ridimensiona le aspettative.
Il vecchio Jeremy semplicemente sposta il dibattito della moderna sinistra riportandola alla sua essenza, ai suoi comandamenti principali. Ricorda a chi è di sinistra di tornare a esserlo.
Per cortesia, non meravigliatevi se uno di sinistra, di un partito nato a sinistra, dice che vuole fare cose di sinistra. Si tratta solo di coerenza e non utilizzare un marchio solo per questioni di facciata.
Meravigliatevi, rimanete stupiti del fatto che lo faccia nella quinta potenza economica mondiale un giovane di 70 anni , così come un altro giovane vecchietto, di nome Bernie Sanders, lotta per le stesse cose negli Stati Uniti.
Che sia giusto o sbagliato essere di sinistra, questo poco conta, io non lo posso sapere e poi la politica è materia opinabile. Ma Corbyn e Sanders fanno ciò che dicono di essere.