A parole le posizioni sembrano tutte uguali: “due popoli e due Stati” dicono tutti, cambia solo il tono, qualche sfumatura. Di facciata il dibattito politico su Palestina e Israele e sulla guerra riesplosa in questi giorni è tutto un gioco di equilibrismi, tutti impegnati a sembrare equidistanti, una lunga bava di buone maniere che nasconde male l’ipocrisia di fondo.
Ha fotografato la situazione anche Emanuele Fiano, deputato del Partito Democratico e figlio di un ebreo deportato a Auschwitz, che ieri è sbottato sulla sua pagina Facebook: “Se uno in Italia, da sinistra, vuole difendere Israele […] vuole contemporaneamente tentare di mantenere accesso il lume della ragione del diritto palestinese ad avere uno Stato, viene contemporaneamente accusato dagli amici di Israele, di essere amico dei nemici di Israele, e dagli amici dei palestinesi di essere amico dei nemici dei palestinesi. […] Non avrete mai il mio diritto di ragionare con la mia testa. Non mi avrete mai dalla parte di chi vuole distruggere Israele ma neanche dalla parte di chi vuole che io non parli dei diritti del popolo palestinese. Passo e chiudo”.
Ed è proprio questo il punto: basta grattare la vernice per scoprire che molti “equidistanti” sono semplicemente impegnati a non cadere nella tentazione di dire apertamente quello che pensano, immaginando la Palestina come ospite indesiderato da cancellare poco a poco, come del resto sta accadendo.
Poi c’è la continua strumentalizzazione della Shoah, sventolata ogni volta nel tentativo di travestire ogni analisi o osservazione di antisemitismo. L’ha detto ieri a Adnkronos con parole chiare Moni Ovadia (uno dei cantori migliori della cultura ebraica): “Non si ha lo sguardo per vedere che la condizione del popolo palestinese è quella del popolo più solo, più abbandonato che ci sia sulla terra perché tutti cedono al ricatto della strumentalizzazione infame della Shoah. Tutto questo con lo sterminio degli ebrei non c’entra niente, è pura strumentalizzazione. Oggi Israele è uno stato potentissimo, armatissimo, che ha per alleati i paesi più potenti della terra e che appena fa una piccola protesta tutti i Paesi si prostrano, a partire dalla Germania con i suoi terrificanti sensi di colpa”.
E forse non è nemmeno un caso che gli “equidistanti” ieri si siano dati appuntamento a Roma, lì dove gli eventi di questi giorni sono stati derubricati all’ennesimo attacco a senso unico e dove i 72 i morti e oltre 400 i feriti (tra cui 115 tra bambini) ci vengono presentati come inevitabili danni collaterali di una doverosa legittima difesa. A proposito di equidistanza.
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