Non sapere cosa scrivere è legittimo. Può sembrare strano, per chi legge un giornale e, giustamente, si aspetta di trovare notizie, approfondimenti, opinioni ed inchieste. Eppure, tutto questo si basa sempre su un lavoro fatto da persone che, come tali, talvolta possono essere un vulcano di idee, ma per un qualsiasi motivo possono restare a corto di ispirazione.
Chi si trova in questa situazione magari fino a qualche decennio fa avrebbe cercato la musa ispiratrice nei modi più disparati, oggi può avere tanti strumenti tecnologici a suo sostegno, che se non altro possono dirgli di cosa sta parlando il mondo.
Google Trends, lo strumento che indica le tendenze nelle ricerche di Google, dice che l’Inter è l’argomento principale del giorno dopo una domenica calcisticamente interessante. Tra le tendenze segnala poi un articolo con una frase di Fabio Capello su come Lautaro Martinez sia diventato il vero leader della squadra.
Tuttavia, se ci facessimo tutti suggerire da algoritmi come questo cosa scrivere, rischieremmo di trovarci di fronte a miriadi di articoli tutti uguali, magari alcuni dei quali scritti da persone che legittimamente hanno scarsa familiarità dell’argomento. O forse no.
Se da un lato gli algoritmi, indicandoci in modo scientifico cosa interessa alle persone, possono essere una strada verso la standardizzazione dei contenuti, dall’altro viviamo in una società particolarmente multimediale e sta a noi fare il resto, usando il linguaggio e il mezzo che riteniamo più adatti per affrontare la notizia.
Sempre più persone si informano con canali diversi da quelli tradizionali, leggono card pubblicate su Instagram, vedono reel accurati con tanto di effetti grafici, video di TikTok in grado di dare un quadro chiaro della situazione in meno di un minuto. Leggono post su Facebook, guardano filmati su Youtube, consultano mappe interattive e grafici di statistiche sull’argomento. O leggono articoli, che possono essere puramente informativi, opinioni elaborate o lavori complessi. Sta all’autore, alle sue corde e a quello che ritiene essere il suo pubblico decidere che mezzo usare e come incanalare la propria creatività.
Allora, è vero, gli algoritmi possono essere uno strumento che porta alla standardizzazione dei contenuti, ma sta anche a noi usare la nostra creatività per sfruttare tutte le potenzialità comunicative dei nostri tempi e per trattare l’argomento nel modo più consono in base ai nostri gusti e alla nostra sensibilità.
La società globale, sempre più veloce, ha cambiato il modo di lavorare, di produrre contenuti e anche di fruirli, ma questo deve essere anche uno stimolo per fare in modo che la nostra mente trovi il linguaggio giusto per comunicare un argomento sulla bocca di tutti in un modo diverso o per portare all’attenzione del pubblico un argomento di nicchia. C’è ancora spazio per la creatività nel tempo dell’algoritmo.