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    L’incendio del Baraka Bistrot è la sconfitta di un Paese sopraffatto dalla criminalità (di G. Cavalli)

    Di Giulio Cavalli
    Pubblicato il 9 Nov. 2019 alle 18:22 Aggiornato il 9 Nov. 2019 alle 20:05

    L’incendio del Baraka Bistrot è la sconfitta di un Paese che brancola nel buio

    Bruciano le pizzerie. Bruciano la libreria. E ora brucia anche il bar. A pochi metri dalla libreria La Pecora Elettrica a Centocelle, a Roma, nella notte un nuovo incendio ha coinvolto il Baraka Bistrot. I proprietari del bar aveva preso posizione in difesa della libreria pochi giorni fa. Del resto lì, nella zona, avere un’attività che tenga accesa la luce alla sera tardi è un atto di resistenza, qualcosa che ha a che vedere con il coraggio, niente a che vedere con una semplice impresa commerciale.

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    Si immaginano gli incendi dolosi come le “bravate” di qualche ragazzetto, fascistello o no ma comunque delinquente, che si diverte ad appiccare le fiamme con un po’ di terrore e invece l’incendio del Baraka dice qualcosa di più inquietante: a Roma si delinque per tenere “chiuso” un quartiere e si continua a delinquere nonostante l’attenzione sia (o, dovrebbe essere) alta.

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    Il segnale peggiore del Baraka in fumo è proprio il senso di impunità di chi se ne fotte dei giornalisti, delle forze dell’ordine, delle istituzione e continua a tenere sotto scacco un intero quartiere come se vigesse una legge separata dallo Stato. Sarà un caso, o forse no, che anche il pittoresco ospite di Del Debbio, autodichiaratosi fieramente fascista, prima di litigare in diretta con Vauro ha detto chiaramente “nel mio quartiere comandiamo noi”, giusto per sottolineare un’autarchia che è un sovranismo all’ennesima potenza, dove ognuno per decide per sé, un nuovo governo dell’ognuno con i cazzi suoi.

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    Ad uscirne male però sono in molti: ne escono male quelli che non vedono nessun “allarme” e continuano a minimizzare finché il liquido infiammabile non finirà anche sotto la loro porta, ne escono male le istituzioni che non riescono a controllare un quartiere, ne escono male quelli che urlano “Sicurezza! Sicurezza!” ma non sanno proporre una reale soluzione e ne escono male le forze dell’ordine (si può dire?) che sembrano brancolare nel buio.

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    Aprire un’attività in un quartiere in cui i prepotenti vorrebbero solo buio e silenzio è un atto di coraggio, oggi, Italia, 2019. Mentre tutti ci dicevano che il pericolo sarebbe venuto da fuori ci accorgiamo che la criminalità (piccola o grande o organizzata o disorganizzata che sia) continua a innaffiare le proprie radici prendendosi intere porzioni del Paese. Fiamme che non sono nient’altro che un’altra forma di intimidazione e di violenza. La chiamano “autorità” o “pugno duro” ma alla fine diventa sempre questa cosa qui. Così.

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