Se avevamo paura che un anno e mezzo passato tra attese e confinamenti potesse cambiare definitivamente le nostre abitudini e trasformarci in esseri casalinghi connessi al resto del mondo solo tramite Zoom e Google Meet, ciò che vediamo nelle nostre città dimostra che non è così, e che vuoi per un obbligo sociale imposto o vuoi perché non aspettavamo altro ma gli italiani sembrano sulla via del ritorno verso la vita pre-Covid. Con tutti i rischi del caso, visto che pur con la prospettiva di una fine, la pandemia non è ancora sconfitta.
La vita da un anno e mezzo a questa parte possiamo dividerla in fasi diverse: una prima, mentre sopraffatti dal virus abbiamo vissuto in un ordine quasi monotono, chiusi in casa se non per brevi e precisi spostamenti, governati dagli orari dei supermercati e dal macabro bollettino sullo stato della pandemia. Quindi una seconda, all’insegna di una “falsa normalità” in cui abbiamo pensato che il virus fosse per qualche ragione sparito, e nonostante non ci fossero né vaccini né cure specifiche si sarebbe potuto tornare a vivere come se nulla fosse accaduto, salvo essere poi sopraffatti dalla seconda ondata. E’ arrivato poi il vaccino, e con esso la prospettiva di un’uscita dalla pandemia, seppur tutt’altro che semplice: una nuova fase è iniziata, all’insegna dell’attesa e della pazienza che hanno accompagnato un’ordinata campagna vaccinale.
E oggi? Dopo questo lungo periodo di inquadramento in schemi ordinati, sembra che sia iniziata la fase del ritorno al disordine. Lasciati alle spalle i progetti di “nuova normalità”, messa timidamente da parte le prospettive di un drastico cambiamento della società alla luce del dramma vissuto, sembra che il ritorno alla vita di prima sia stato delegato al green pass, grazie al quale altro non si fa che un copia-incolla degli usi e costumi pre-Covid previa esibizione di un QR code. Per quanto tanti processi sociali abbiano avuto un’accelerazione, come lo sdoganamento dello smart working, l’abitudine alla vita in tempo di Covid non ha stravolto il nostro modo di essere, ed ecco che in questo settembre abbiamo di nuovo riempito di ingorghi le nostre strade, ripopolato allegramente le nostre piazze e rivisto le file di turisti fuori dai nostri musei e monumenti.
Siamo rimasti quelli di prima, sperando non sia presto per tornare a comportarci allo stesso modo, visto che abbiamo ancora tante incognite su cosa sarà di questa pandemia e siamo consapevoli che da quando è iniziata stiamo attraversando un terreno inesplorato. Ma non essere cambiati non deve voler dire far finta di niente, non solo per rispetto per chi a causa del Covid non c’è più, ma anche perché non possiamo permetterci che questo ritorno al disordine possa finire per essere, ancora una volta, una falsa normalità.