«Abbiamo ribadito al Presidente Zelensky il nostro sostegno a 360 gradi verso l’Ucraina per tutto il tempo che sarà necessario e oltre. La nostra nazione continuerà a fornire assistenza sia a livello bilaterale che multilaterale, continueremo ad assicurare la nostra convinta adesione all’applicazione rigorosa delle sanzioni, così come assicuriamo il nostro sostegno alla pace, purché sia una pace giusta».
Poco dopo: «L’Italia continuerà a contribuire a ogni sforzo che possa condurre verso questa direzione. Continueremo, in accordo con i nostri principali alleati, a fornire il sostegno necessario, anche militare, perché l’Ucraina possa arrivare, auspichiamo quanto prima, a un tavolo di negoziati in una posizione solida. Questo è importante, perché alla pace non si può arrivare con nessuna opzione di resa da parte dell’Ucraina, sarebbe terribilmente ingiusto, ma sarebbe anche molto pericoloso per la pace in Europa e un precedente gravissimo per tutte le nazioni del mondo. Alla pace si arriverà solamente se e quando la Russia cesserà le ostilità e gli attacchi agli obiettivi civili».
Al di là del fatto che queste parole pronunciate dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in occasione della visita a Roma del capo di Stato ucraino Volodymyr Zelensky, suonino più come una dichiarazione di guerra volta ad alimentare l’industria bellica e a incoraggiare le ostilità, il bilaterale di qualche giorno fa deve far riflettere perché evidenzia una delle tante contraddizioni di questo Governo: quella che riguarda il tema cruciale dell’immigrazione.
Un importante provvedimento adottato dalla maggioranza di Governo a fine aprile ha prorogato fino al 31 dicembre di quest’anno la protezione speciale per i profughi ucraini arrivati nel nostro Paese dall’inizio della guerra. Muovendosi all’unisono con il resto dell’Unione europea, l’Italia consente – e continuerà a consentire – a chi è scappato dalla guerra scatenata dall’invasione di Putin di ricevere accoglienza. E lo fa, così come il resto dell’Ue, con uno strumento più veloce rispetto alla canonica richiesta di asilo e protezione sussidiaria, così da evitare estenuanti attese a chi, donne e bambini inclusi, già è costretto a vivere il dramma che ogni guerra porta con sé.
Il punto è che tale provvedimento, tanto sacrosanto quanto scontato, cozza con quanto contenuto nel decreto Cutro, ormai convertito in legge, attraverso il quale il Governo e la maggioranza hanno letteralmente “polverizzato” la protezione speciale per tutti gli altri migranti, in nome di una logica emergenziale che – fanno notare tutte le opposizioni, moltissime associazioni del terzo settore e autorevoli esponenti della Cei – rischia di aumentare l’invisibilità delle persone che provengono da territori martoriati da anni di guerre e persecuzioni e che, arrivate illegalmente nel nostro Paese, non avranno alcun modo di diventare “regolari”. Basta pensare ai siriani, ai palestinesi, agli afghani, ai curdi, eccetera.
Perché, dunque, cara Meloni, esistono per lei e per il suo Governo profughi di serie A e di serie B? In nome di quale principio? Di quale accordo? Anche in Afghanistan la popolazione vive sotto il regime dei Taliban. Anche i curdi sono perseguiti da Erdogan.
Il basilare principio di civiltà per cui qualsiasi essere umano che fugge dalla guerra merita di essere accolto in un altro paese sembra, per il Governo Meloni, doversi applicare soltanto (o prioritariamente) ai cittadini ucraini.
A causa di questa tragica “classifica”, centinaia di migliaia di esseri umani si trovano impossibilitati a muoversi e di conseguenza sono costretti a intraprendere viaggi pericolosi nel Mediterraneo o attraverso le più fatali rotte migratorie.
Ci auguriamo che questa politica non sia figlia di una semplice equazione, e cioè che non tutti i Paesi aggrediti hanno pari dignità e meritano lo stesso trattamento.