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«Mi vergogno a chiedertelo, ma per il nostro torneo a Orbetello è importante perché noi siamo ormai sull’osso, che rimanga immutata la cifra della sponsorizzazione». Queste parole le pronunciò Giuliano Amato – attuale vicepresidente della Corte Costituzionale – al telefono con Giuseppe Mussari, all’epoca Presidente del Monte dei Paschi di Siena. Amato, ex-presidente del Consiglio nonché più volte ministro che alza il telefono per chiedere qualche migliaia di euro in più per il torneo di tennis di Orbetello. A parte lo squallore, questo episodio, seppur economicamente marginale, mostra l’uso che la peggiore classe politica europea abbia fatto di una delle più antiche banche al mondo.
Il Monte dei Paschi venne fondato nel 1472. A Firenze era stata completata la cupola del Brunelleschi mentre quella di San Pietro non esisteva ancora. Così come non esisteva il Cremlino. Maometto II aveva appena conquistato Costantinopoli quando l’istituto che all’epoca si chiamava Monte Pio, iniziò a sostenere il territorio senese, gli artigiani che sarebbero diventati imprenditori, i piccoli commercianti, gli agricoltori e le classe più umile della città. Il Monte dei Paschi è sopravvissuto per secoli. Ha resistito a sconvolgimenti storici, a cambi di governi, a lotte intestine e a conflitti mondiali. Poi è arrivato il PD. Negli ultimi 50 anni la banca di Siena è stata spremuta, sfruttata, gestita in modo criminale, utilizzata come bancomat per politici in carriera o vecchi trombati. Coloro che hanno fatto finta di volerla salvare l’hanno affossata ancor di più. Coloro che dicevano di amarla non hanno fatto altro che accoltellarla e decine di responsabili del collasso oggi ancora osano parlare di quel che andrebbe fatto.
Sono mesi che sostengo che il governo dell’assembramento abbia ucciso la politica. Nessuno ha uno straccio di idea, nessuno si oppone alle porcate, nessuno offre una visione. Politici strapagati dal popolo italiano non fanno più politica. Occupano potere e dispensano incarichi e prebende pagati con denaro pubblico. E dato che per continuare a vivere nel loro mondo dorato necessitano di briciole di consenso, si sono trasformati in opinionisti. Commentano tutto il commentabile, tenendosi bene alla larga, sia chiaro, dalle questioni spinose che impongono una presa di posizione. Non si schierano. Si accomodano.
E così pronunciano più la parola Maneskin della parola licenziamenti, fanno i nazionalisti solo se gioca la nazionale e pagano addetti stampa, grafici o social media manager (sempre con denaro pubblico) per aggiornare il medagliere azzurro sulle loro bacheche FB o Instagram. Non potendo più parlare di sistema finanziario, di misure sulla giustizia, di sanità etc, parlano di atletica leggera, di musica, di cibo. Ministri, sottosegretari, deputati e senatori della Repubblica fanno il conto degli ori di Tokyo 2020 mentre la “politica” che conta costringe i contribuenti a pagare altri 8 miliardi (minimo) di euro per l’ennesima porcata che riguarda MPS. Il tutto mentre gli italiani, dopo due anni di sopravvivenza che con la vita ha poco a che fare, si sono sdraiati qualche minuto sui materassini. I nemici del popolo sono i principali osservatori del popolo stesso. Appena vedono i cittadini distratti affondano il coltello impoverendo le moltitudini ed arricchendo le oligarchie.
Monte dei Paschi è ormai una banca morta e nessuno pensa più a salvarla. Politici e tecnici senza scrupoli stanno solo organizzando il suo funerale – chiaramente pagato con denaro pubblico – e stanno definendo la distribuzione della sua eredità. Gli eredi dovrebbero essere i cittadini italiani, coloro che hanno speso miliardi delle loro tasse per mantenere in vita l’istituto, invece si prenderanno i debiti, mentre i pezzi pregiati finiranno nei caveau di Unicredit. E’ il capitalismo finanziario d’altronde, il cancro della modernità.
Nel 1981 Berlinguer rilasciò ad Eugenio Scalfari la famosa intervista nella quale parlò della “questione morale”. «I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai tv, alcuni grandi giornali». Sembra la descrizione dell’epoca dei migliori. Migliori sì, nei fallimenti. Se nel nostro paese vi fosse un numero sufficiente di giornalisti al posto di cani da guardia del sistema portati a spasso con quei guinzagli che il padrone decide di allungare o bloccare a proprio piacimento, vivremmo non solo in una democrazia più compiuta, ma in un paese più ricco. Se solo qualcuno avesse il coraggio di inchiodare Draghi alle sue responsabilità nello sterminio di MPS, probabilmente si eviterebbero scempi futuri.
Mario Draghi, l’apostolo, il messia, il migliore tra i migliori è uno dei killer del Monte dei Paschi. Perché se è vero che l’istituto venne spolpato per elargire miliardi di euro alle cooperative rosse (che poi restituivano il favore ai politici tramite “assunzioni elettorali”), ai politici, agli amici dei politici e pure ai nemici dei politici perché si può vivere in tranquillità se tutti hanno il loro pezzo di potere (tipo il consiglio dei ministri del governo Draghi), è altrettanto vero che l’operazione che ha dato il colpo di grazia al Monte è stata l’acquisizione di Banca Antonveneta al triplo del suo valore. E chi diede l’ok a quell’operazione folle? Mario Draghi, ai tempi governatore di Bankitalia.
Sia chiaro, gli assassini di MPS, come quelli di Ratchett in Assassinio sull’Orient Express, sono stati numerosi. Politici, imprenditori, tecnici di Bankitalia. La morte di MPS ha permesso la sopravvivenza di imprese decotte o la prosecuzione della carriera di politici che senza il denaro del Monte oggi prenderebbero il reddito di cittadinanza. Carlo De Benedetti è uno di quelli che deve ringraziare il Monte. Nel 2013 la sua Sorgenia, nonostante i conti in rosso, riuscì a strappare ad MPS un prestito di 600 milioni di euro. Pare che parte del prestito sia stato pagato con le azioni di Sorgenia. Mica male fare l’imprenditore così. Tornando a Draghi – piaccia o non piaccia agli innumerevoli umidificatori delle sue regali natiche – l’assenso che diede all’acquisto di Antonveneta lascia un marchio di mediocrità sul suo operato che cozza con la narrazione agiografica che viene fatta della sua storia.
«Visto quanto disposto dalle vigenti istruzioni di vigilanza, tenuto conto degli esiti dell’istruttoria, considerate le finalità e le caratteristiche delle operazioni e avuti presenti gli impegni assunti al fine di sostenere l’onere sotto il profilo patrimoniale, finanziario ed economico, si rilascia a banca Monte dei Paschi di Siena l’autorizzazione all’acquisizione di banca Antonveneta». Si tratta della delibera 154 firmata da Draghi il 17 marzo del 2008. E nel 2008 Draghi, oltre ad essere il governatore di Bankitalia, era a capo del Financial Stability Forum, l’organismo che aveva l’obbligo di monitorare la stabilità del sistema finanziario mondiale.
L’acquisto di Antonveneta segnò l’inizio delle fine per la gloriosa banca senese. I dirigenti per coprire i debiti prodotti avallarono ulteriori operazioni scellerate come l’acquisto dei derivati Alexandria e Santorini. Nel 2019, l’intera dirigenza di MPS che si era interfacciata con Draghi ed i suoi uomini per ottenere il via libera all’acquisto di Antonveneta, venne condannata dal Tribunale di Milano. Mussari, l’uomo al quale telefonava Amato e che aveva agganci in tutti i partiti italiani (nelle settimane precedenti alla sua nomina a capo dell’ABI aveva incontrato Fini, Bersani, Tajani, Crosetto, Gianni ed Enrico Letta, la Santanchè, Napolitano e D’Alema) è stato condannato a 7 anni e sei mesi di carcere.
Mussari riteneva che comprare Antonveneta fosse un affare e, evidentemente, convinse gli uomini di Draghi da lui incaricati a studiare l’operazione. Operazione avallata nonostante non fosse stata fatta una due diligence, ovvero uno studio approfondito dei costi/benefici. E a chi, all’interno di MPS, chiedeva conto di tale mancanza, Mussari rispondeva che Draghi aveva dato l’assenso, quindi potevano stare tranquilli. Oltre a Draghi l’ok lo diedero due importanti dirigenti di Bankitalia: Anna Maria Tarantola, all’epoca responsabile dell’ufficio di Vigilanza e Fabrizio Saccomanni, direttore generale di Banca d’Italia, ruolo che poi venne occupato da Daniele Franco, l’attuale ministro dell’Economia che si sta occupando della vendita della parte buona di MPS ad Unicredit.
La Tarantola e Saccomanni dissero alla procura di Siena di essersi raccomandati con Mussari di fare l’acquisto per bene. Dovevano vigilare, controllare, studiare a fondo le carte ma diedero semplici raccomandazioni. In un paese normale la loro negligenza gli avrebbe stroncato la carriera ma siamo in Italia. La Tarantola, nel 2012, divenne, grazie a Monti, presidente della RAI mentre poche settimane fa è stata scelta da Mario Draghi come consigliere a Palazzo Chigi. Saccomanni (scomparso due anni fa) nel 2013 lasciò Bankitalia per fare il ministro dell’Economia nel governo Letta. Nel 2018 Saccomanni divenne, tra l’altro, presidente di Unicredit, ruolo oggi occupato da un altro ex-ministro dell’Economia, quel Pier Carlo Padoan che nel dicembre del 2016, con una nuova misura salva-banche, mise a disposizione del sistema finanziario italiano 20 miliardi di euro. Di questi 5 finirono nelle casse di MPS per tenerla in vita ancora per un po’. E proprio nel collegio di Siena Padoan, salvatore della banca con denaro pubblico, venne eletto nel 2018 alla Camera dei Deputati. Padoan, alcuni mesi fa, ha lasciato il Parlamento per approdare proprio in Unicredit, banca della quale, ripeto, oggi è presidente, la banca che sta trattando con lo Stato l’acquisto di MPS pretendendo, ovviamente, che il marcio resti in mano a noi cittadini.
Nel silenzio generale (anche dei sedicenti dirigenti del M5S) denunciai tutto questo mesi fa proprio su questo giornale. MPS, come, forse, David Rossi, non si è suicidata. E gli assassini sono al potere, e gestiscono, di fatto, i nostri soldi, mentre siamo sul materassino. Il tutto senza che dalla politica si alzi una reale voce in dissenso. Enrico Letta balbetta ma lo fa per interesse, non per convinzione. È rimasto in silenzio per anni sull’omicidio di MPS, oggi parla perché si è presentato alle prossime elezioni suppletive proprio nel collegio di Siena e proprio per prendere il posto di Padoan. La politica è totalmente succube del capitalismo finanziario (come si evince dal comportamento dei politici nel governo Draghi). «I partiti hanno occupato le banche», disse Enrico Berlinguer. In realtà è accaduto il contrario.
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