Quando un anno fa, con la vittoria alle elezioni di Giorgia Meloni, la destra è tornata al governo quasi tutti si aspettavano una leader (per anni relegata all’opposizione) capace di rimanere coerente a se stessa e soprattutto in grado di fare tutto ciò che, fino ad allora, nessuno aveva fatto, da destra a sinistra.
Le aspettative e le ambizioni erano molto alte. Non solo perché Meloni è la prima premier donna italiana ma anche perché in molti riconoscevano nella sua figura la svolta politica che si era resa necessaria dopo il ritorno dei tecnici.
Ebbene questa svolta non si è mai vista, a dire il vero. Da underdog (anche se mai è stata davvero tale) a responsabile della tenuta democratica e del collocamento geopolitico dell’Italia, Meloni è la perfetta incarnazione dell’ambivalenza – insieme istituzionale e populista – della destra che oggi detiene il potere in Italia. Governativa e filo-establishment ma populista nel mettere in campo misure peroniste e pericolose come quella del decreto sugli extra-profitti delle banche.
Meloni e i suoi, sul piano pubblico, si sono dati una bella ripulita, ma in privato poi ti dicono che sono fieri di quel decreto perché loro sono «contro le banche» e il loro elettorato pure, che nemmeno i grillini della prima ora lo erano forse a tal punto. Senza dire, però, che quel decreto colpisce (solo) le banche e non favorisce affatto «prima gli italiani».
I dossier poi sono una tragedia. Sull’immigrazione, Meloni ha ammesso che il piano del governo finora è fallito, così come una chimera rimane il Piano Mattei. Quindi siamo ad un punto fermo.
Nessuno riesce a spiegare come mai la Germania, un Paese grande e popoloso quanto l’Italia, abbia accolto e integrato negli anni 1,5 milioni di profughi, mentre il nostro Paese va in tilt con appena 150mila.
E difatti si continua a parlare di blocco navale, sostituzione etnica e altre idee prive di senso utili solo a soffiare sulle insicurezze delle persone, non certo a risolvere i problemi delle persone.
Sulla scuola e sull’istruzione siamo a zero, sul Pnrr siamo a zero, sulla sanità siamo a zero, anzi meno di zero per la verità, nonostante una pandemia nel nome della quale avevamo giurato che mai, mai più, avremmo permesso di tradire medici e infermieri.
Questa destra poi è pessima anche in termini di welfare e politiche sociali. Ha smantellato completamente il Reddito di cittadinanza, senza nemmeno considerare quanto meno di migliorarlo, nonostante ci siano quasi 5 milioni di italiani in povertà assoluta, molti dei quali tra l’altro votano a destra e oggi si chiedono come faranno a vivere, fosse solo anche per mangiare.
La manovra in vista della finanziaria è in stallo perché, guarda un po’, «non ci sono soldi», e parte del motivo risiede nel fatto che le misure previste per trovare tali coperture sono deboli o inefficaci (compreso il decreto sugli extra-profitti delle banche, il cui risultato economico è stato prontamente visto al ribasso dopo le prime modifiche).
Sulla politica estera siamo alle solite e non c’è stato cambiamento alcuno: del pensiero di Meloni di un tempo oggi non rimane nulla. È un’altra donna, un’altra premier, un’altra persona.
E allora perché mai un elettore di destra-destra dovrebbe ritenersi soddisfatto dal primo anno di questo governo? I sondaggi iniziano a scricchiolare anche per Meloni.
All’interno della destra ci si inizia a porre la seguente domanda: che ne è della destra sociale – di cui pure la Meloni ha sposato e promosso le teorie più radicali – tanto cara a una fetta di popolazione che per anni ha rivendicato maggiore rappresentanza? Che fine ha fatto la politica del «Prima gli italiani»?
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