Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano, e stavolta la formica si chiama Massimo D’Alema. Che non è un insetto, ma conosce la materia della politica. E allora come dargli torto quando dice che il renzismo è stata una malattia terribile, da cui il Pd è guarito da solo?
Semmai ci sarebbe da discutere sulla avvenuta guarigione, ma questa è un’altra storia. Invece non c’è alcun dubbio sulla seconda incazzatura della formica, peraltro ex leader della sinistra italiana ed ex premier, quando parla di Mario Draghi possibile Capo dello Stato e denuncia «la campagna culturale che accompagna l’operazione… la necessità di sospendere la democrazia e affidarsi a un potere che altro non è se non quello della grande finanza internazionale». E ancora: «L’idea che il premier si auto-elegge Capo dello Stato e nomina al suo posto un alto funzionario del ministero dell’Economia mi pare non adeguata per un grande Paese democratico come l’Italia».
E qui D’Alema è stato fin troppo gentile, altro che idea non adeguata. Se sul serio accadesse che Draghi venisse eletto al Quirinale e fosse sostituito da una sua controfigura, ci troveremmo di fronte a un golpe bianco. Alla faccia della Costituzione, e della democrazia parlamentare, anzi della democrazia tout court. In un Paese normale (vecchio sogno mai avveratosi dello stesso D’Alema), se un premier lascia la sua carica, il governo cade. E allora toccherebbe al Parlamento provare a far nascere un nuovo esecutivo con un nuovo Capo, ammesso che la vecchia maggioranza resti in piedi.
Invece qui si ipotizza una sorta di investitura divina da parte di Draghi. Che oltretutto dirigerebbe dal Quirinale il governo affidato da lui stesso a un suo fedelissimo, sotto l’egida dell’Europa (ma cos’è l’Europa?) e delle potenti istituzioni internazionali. E noi, noi cittadini che abbiamo eletto i nostri rappresentanti? E gli stessi parlamentari che ruolo avrebbero? “Usi a obbedir tacendo e tacendo morir”, come recitava il vecchio motto dei carabinieri?
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