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    Se un ex carabiniere in congedo (volontario) si sostituisce allo Stato e ritrova da solo il piccolo Gioele

    Giuseppe Di Bello, il volontario che ha trovato i resti di un bambino compatibile con Gioele. E a destra Viviana Parisi con il figlio
    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 20 Ago. 2020 alle 09:59

    Alcuni giorni fa l’avvocato di Daniele Mondello ha dichiarato che se non si fosse riusciti a trovare il piccolo Gioele sarebbe stata una “sconfitta per lo Stato”. La madre del bambino, Viviana Parisi, era stata rinvenuta, morta, ai piedi un traliccio nella vegetazione che costeggia l’autostrada Messina-Palermo. Ma di Gioele non vi era traccia. Gli inquirenti continuavano a setacciare la zona, ma niente. E le speranze si facevano ogni giorno più esigue. Alla fine, sembra proprio che il bambino sia stato scovato. Anche lui purtroppo senza vita, dilaniato forse dagli animali che popolano la macchia mediterranea in quella zona. Gioele (al 99% è lui) è stato ritrovato , ma lo Stato esce comunque sconfitto da questa vicenda.

    A individuare quella maglietta e quel cumulo di piccole ossa non sono state le forze di pubblica sicurezza che scandagliavano il territorio da 15 giorni, ma un gruppo di cittadini volontari chiamati a raccolta – in un tentativo disperato – dal padre di Gioele. Due settimane di ricerche ad opera di Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco, Guardie forestali – coordinati dalla Procura – non hanno portato a nulla. Ma è bastato un mattino a un ex carabiniere in congedo per trovare il bimbo.

    “L’ho trovato dove gli altri non lo hanno cercato”, ha spiegato l’uomo, Giuseppe Di Bello, pensionato, cercatore di funghi, che si è presentato all’appuntamento dato da Mondello armato solo di un falcetto. Con il suo attrezzo si è fatto largo tra gli arbusti e in poche ore ha trovato quel che sembrava a tutti introvabile. Il corpo di quel bambino che con ogni probabilità è Gioele era a poche centinaia di metri dall’autostrada e dal luogo in cui è stata trovata morta sua madre, Viviana Parisi.

    Il massimo rispetto è dovuto agli agenti che in queste settimane si sono adoperati nelle operazioni di ricerca. Ma è evidente che qualcosa è andato storto. Che quel bambino sia o meno di Gioele, resta il fatto che per 15 esasperanti giorni quella maglietta e quei resti ossei sono sfuggiti agli inquirenti che erano lì proprio con la missione di trovarli. Ed è poco rassicurante che, anziché loro e prima di loro, ci sia riuscito un cittadino volontario (sebbene si tratti di un ex carabiniere).

    Nessun dito puntato, ma – visto come sono andate le cose – rimane qualche interrogativo su come sono state condotte le indagini. Perché, soprattutto quando si tratta di risolvere un caso di scomparsa o si ha a che fare con la vita o la morte, dallo Stato dobbiamo aspettarci il meglio, il top dell’efficienza.

    “Appureremo anche questo”, ha risposto il procuratore di Patti, Angelo Vittorio Cavallo, a chi gli chiedeva come sia stato possibile che dei volontari abbiano trovato il corpo prima delle forze dell’ordine. “Vi garantisco che la condizione dei luoghi è difficile”, ha aggiunto. Non abbiamo dubbi che sia davvero così. Come non vogliamo avere dubbi che per trovare Gioele siano state dispiegate le migliori professionalità possibili. Quanto al rigoroso impegno dei corpi dello Stato, non c’è nemmeno da disquisire.

    Ora è giusto che si lasci spazio al silenzio per il doppio lutto che lacera le famiglie Parisi e Mondello e un’intera comunità e che ci si concentri sulle ulteriori indagini da compiere per far luce sulle ombre che restano su quel maledetto mattino del 3 agosto. Ma è doloroso ravvisare che, nel ritrovamento di quel bambino che quasi certamente è Gioele, agli inquirenti è sfuggito l’obiettivo. Che si sia trattato di negligenza o solo di sfortuna, lo Stato da questa vicenda esce sconfitto.

    Leggi anche: Gioele, il padre: “5 ore di lavoro di un volontario rispetto a 15 giorni di 70 uomini esperti mi fanno sorgere dei dubbi”

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