Il Comune di Genova cambia nome al ponte Firpo e lo intitola a Quattrocchi. Poi la retromarcia
La propaganda. Il revisionismo storico. L’indignazione. E infine la goffa retromarcia. Quello che è accaduto nelle ultime 48 ore a Genova è uno specchio tristemente fedele di quello che è diventato questo Paese, che si ritrova a fare i conti, a distanza di 75 anni, con un rigurgito negazionista e di cancellazione della memoria collettiva che non ha precedenti nella storia repubblicana.
È sempre accaduto che gruppi più o meno nutriti di estremisti neri manifestassero con braccia tese, svastiche e pellegrinaggi a Predappio. Ma, fino a pochi anni fa, rappresentavano fenomeni marginali e privi della benché minima rappresentanza istituzionale. Oggi questa onda è entrata a tutti gli effetti in Parlamento, sotto altri nomi o vessilli, occupa i consigli regionali e comunali e spesso governa o amministra regioni o città in tutta Italia.
È il caso di Genova, guidata dal sindaco Marco Bucci, il manager che ha trionfato nel 2017 con il sostegno dell’intera coalizione di centrodestra. Accade, così, che il Consiglio comunale a trazione leghista approvi a colpi di maggioranza una mozione per intitolare un luogo della città alla memoria di Fabrizio Quattrocchi, il contractor rapito e ucciso in Iraq nel 2004 famoso per l’atto di eroismo e coraggio con cui ha affrontato la morte: “Vi faccio vedere come muore un italiano”.
Sin qui nulla di strano. Scelta discutibile che ciclicamente da anni la destra genovese ripropone, senza aver mai avuto i numeri prima d’ora. Ma legittima. Il problema è che la scelta per l’intitolazione ricade su un ponte sul Bisagno noto come “passerella Firpo”, che ricorda – con tanto di targa – Attilio Firpo, il celebre e celebrato partigiano “Attila” trucidato a colpi di fucile a due passi da lì dalle Brigate nere il 14 gennaio del 1945.
La reazione di Genova (non tutta, va detto) è ferma, decisa, indignata. “Giù le mani da questo ponte!” Il comunicato della famiglia Firpo è durissimo. “La storia – scrivono gli eredi – dovrebbe essere maestra. Ma, se ne distruggiamo la memoria, rischiamo di ripetere gli stessi errori. I simboli servono a mantenere memoria e attenzione”.
L’Anpi provinciale suggerisce al sindaco di trovare un altro luogo per celebrare Quattrocchi. Ma, invece delle scuse, dall’amministrazione arrivano goffe e pallide scuse legate alla topografia della città. La polemica non si placa, i social si infiammano. Per un giorno a Genova non si parla d’altro. Col risultato che, invece di celebrare Quattrocchi, si è finito per cancellare con un tratto di penna una data, un eroe e un simbolo di una città Medaglia d’oro per la Resistenza, che ha pagato un tributo altissimo di sangue alla lotta al nazifascismo.
Il clima del dibattito si fa talmente rovente che, alla fine, persino la famiglia Quattrocchi è costretta a intervenire. Lo ha fatto ieri sera, per bocca della sorella Graziella (già candidata locale con AN, una decina d’anni fa), con un garbo, una dignità e una compostezza da cui l’intera destra genovese e ligure avrebbe solo da imparare.
“Chiedo al Consiglio comunale e al sindaco Bucci di riconsiderare la propria posizione, scegliendo eventualmente un altro luogo da dedicare alla memoria di Fabrizio – ha scritto Graziella -. Io e la mia famiglia non desideriamo che il ponte sia intitolato a Fabrizio, poiché si prospetta sin dalla sua origine come fonte di sofferenza e contrasti non voluti sia per noi che per la famiglia Firpo”.
A quel punto il sindaco Bucci e i suoi non hanno potuto far altro che prendere atto e cercare una nuova destinazione. Il ponte Firpo non si tocca. La Storia non si cambia, e non si calpesta. Ci voleva una donna, ci voleva una sorella per fare quello che un’intera parte politica senza memoria non è riuscita a fare. Ci voleva una come Graziella, le cui parole oggi sono una boccata d’ossigeno nel clima inquinato dal furore nostalgico e dalla propaganda. E ci ricordano che, in fondo, non tutto è perduto.
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