Che brutta fine che ha fatto Maurizio Gasparri, fotografia di una Forza Italia che non riesce a smettere di essere il cagnolino scodinzolante sulle orme di Matteo Salvini: da presidente della Giunta per le immunità del Senato, di cui dovrebbe essere arbitro, ieri ha deciso di votare per respingere la richiesta della maggioranza di rinviare il voto sull’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini con l’accusa di sequestro di persona.
Il suo voto ovviamente è risultato decisivo (complici le assenza del senatore Pietro Grasso di Leu e del grillino Mario Michele Giarrusso in missione negli Stati Uniti con la commissione Antimafia) e così la richiesta di acquisire ulteriore documentazione sul caso è stata respinta: il tutto ovviamente per provare a costringere la maggioranza a prendere una decisione prima delle elezioni regionali, permettendo a Salvini di presentarsi come vittima sacrificale in difesa della Patria.
Ma il punto politico più svilente è proprio questo centrodestra che ora si ricompatta in difesa di Salvini, quella stessa Forza Italia che proprio Salvini ha preso a calci mentre era ministro dell’Interno, solo per rimanere aggrappati al treno che punta a vincere le prossime elezioni.
Non c’è nulla nel merito nel giochetto che si sta giocando nelle sedute della Giunta per le immunità, ma è tutto un calcolo utilitaristico per drogare la propaganda in vista delle regionali: da una parte c’è l’imbarazzo del Movimento 5 Stelle che deve esibirsi in due decisioni opposte in pochi mesi (era stato proprio il M5S a salvare Salvini da un processo simile mentre governavano insieme) e dall’altra c’è il tentativo (come spesso accade nel centrodestra) di usare il vittimismo giudiziario come arma finale della campagna elettorale per le regionali.
“Rispetto la Giunta nelle sue decisioni, sono una specie di arbitro”, aveva dichiarato proprio Gasparri qualche giorno fa in un’intervista a Rai Radio1, eppure la tentazione di entrare in campo per fare una favore ai suoi amichetti deve essergli sembrata irresistibile.
Sullo sfondo c’è il leader leghista che continua nel suo gioco bifronte di dichiararsi pronto e addirittura fiero di farsi processare (“una medaglia”, continua a ripetere in ogni suo comizio) e contemporaneamente cerca in tutti i modi di scappare dal giudizio di un tribunale con accordicchi silenziosi.
Il diritto internazionale, la questione umanitaria, l’Europa che non riesce a trovare soluzioni e i Decreti Sicurezza rimangono nel cassetto: roba troppo seria per diventare il tema.