Caro Gallera, dormi sonni tranquilli. Ricambio volentieri l’ormai celebre carineria che un mese fa l’assessore lombardo al Welfare ha riservato a noi di TPI e all’eurodeputato del PD Pierfrancesco Majorino, nel maldestro tentativo di mettere una pezza all’altrettanto celebre gaffe dei due infetti che, a suo dire, sarebbero stati necessari per contagiarlo.
Quella volta l’aveva sparata davvero grossa e a dirlo non sono io, che sono reo di aver scritto a quattro mani con Majorino l’instant book “La resa” sul tracollo del sistema lombardo di fronte alla pandemia, ma l’immunologa Antonella Viola. Mi auguro che almeno a lei, che oltretutto lavora a Padova, si voglia riconoscere imparzialità di giudizio, a differenza dei tanti professionisti della sanità lombarda che si sono prodigati a dare utili consigli alla Giunta Fontana nel corso della crisi e che, invece dei dovuti ringraziamenti, si sono anche sentiti rinfacciare colpe che non avevano.
In tutti questi mesi è stato faticoso persino tenere il conto degli errori da matita rossa commessi da Regione Lombardia: da quelli più discussi (come le delibere sulle RSA e sugli Over 75) fino all’epica uscita sulle “lussuose stanze della sanità privata aperte ai pazienti ordinari”. Credo che in altri tempi una perla del genere avrebbe – giustamente – scatenato un pandemonio in merito al diritto alla salute e alla concezione classista che una certa destra ha della sanità. E forse non solo di quella, come ha suggerito Lisa Noja, brava parlamentare di Italia Viva, che nei giorni scorsi ha partecipato con Majorino, il sottoscritto e Peter Gomez alla presentazione de “La resa”.
Le pur piccate reazioni sui social alle parole di Gallera sono invece state abbastanza ovattate, un po’ per sfinimento e un po’ perché abbiamo tutti preoccupazioni più pressanti, dato che la minaccia del Covid si è sicuramente attenuata, ma non si può dire conclusa. Specialmente in Lombardia. Oltretutto, come scritto e ripetuto in più occasioni, le critiche a Gallera e alla Regione nascono veramente “per amore della Lombardia”, come da sottotitolo del libro, e non certo da prese di posizione partitiche o personali. Mi auguro che l’onestà intellettuale riconosciuta agli autori da parte di un collega autorevole come Gomez sia condivisa anche dagli altri lettori.
Proprio per questo, quando ho letto su Il Fatto Quotidiano l’articolo riguardante i finanziamenti alla campagna elettorale di Gallera da parte di rappresentanti della sanità privata mi è tornato in mente il suo video stracult nel quale ci invitava a dormire serenamente. Mi è venuta voglia di ricambiarlo, ma senza lo stesso sarcasmo. Lo dico seriamente: Gallera può dormire sonni tranquilli, almeno in merito a questa vicenda, poiché a quanto è dato sapere non c’è assolutamente nulla di illegittimo, come peraltro scrive chiaramente anche Fabio Abati nel suo pezzo.
Sono le nuove regole della politica, da quando il finanziamento pubblico è stato abolito. Adesso ci sono le “erogazioni liberali”, che qualunque persona giuridica o fisica può decidere di dare a un candidato o a un partito per contribuire alla sua campagna. Tutto trasparente e precisamente annotato nel rendiconto che Gallera ha depositato secondo le norme, come tocca a qualunque candidato di qualunque livello, compreso il sottoscritto, attualmente consigliere di Municipio. Un candidato “ordinario”, direi.
Che poi io non abbia fatto ricorso ad alcun contributo non conta granché: se avessi dovuto fare campagna in un bacino più ampio della mia circoscrizione milanese (che comunque piccola non è, avendo gli stessi cittadini di Parma e Brescia), probabilmente ne avrei avuto bisogno e, altrettanto probabilmente, se mai qualcuno mi avesse voluto sostenere sarebbe stato tra le persone che avevo conosciuto nella mia attività amministrativa. Esattamente come Gallera e come tanti altri, immagino.
C’è qualcosa di illegittimo? Assolutamente no ed è per questo che Gallera può assopirsi placidamente. Semmai, riflettiamo sulle regole. L’abolizione del finanziamento pubblico è stata una risposta certamente frettolosa a una spinta populista che, dopo la scoperta di alcune truffe, demonizzava qualunque rimborso senza discernere. Punire chi imbroglia è doveroso, ma fare tabula rasa di tutti, onesti compresi, ha creato una disparità pericolosa ai nastri di partenza delle competizioni elettorali. Chi possiede fondi propri parte con un ovvio vantaggio, con tutti i rischi per la democrazia che ciò comporta, mentre le libere erogazioni espongono il candidato alla cultura del sospetto che è tipicamente italiana. Negli Stati Uniti il sistema è in vigore da anni: i finanziamenti ai vari candidati sono dichiarati pubblicamente ed è socialmente accettato che i politici eletti si facciano interpreti dei legittimi interessi degli stakeholder di riferimento. Ma è tutta un’altra cultura.
In Italia siamo ancora molto indietro. D’altra parte, metabolizzare appieno le nuove regole è oggettivamente difficile, in un contesto nel quale troppo spesso la classe politica ha privilegiato gli interessi degli “amici” a discapito di quelli della collettività. Avremmo bisogno di una chiara normativa sulle attività di lobby e soprattutto di una più alta concezione del bene comune, sia nella politica, sia nell’imprenditoria.
Ovviamente non avrebbe senso imputare nulla di tutto ciò a Gallera, col quale preferirei discutere di altri temi, anche in merito alla sanità privata. Partirei certamente dai punti evidenziati nel libro, con una domanda su tutte: nel malaugurato caso che ci fosse la temuta “seconda ondata” di Covid-19, come cambierebbe l’approccio di Regione Lombardia, rispetto ai drammatici mesi che abbiamo vissuto? Ecco, questo invece è un pensiero che mi fa dormire tranquillo, ma non troppo. Come tanti altri cittadini lombardi.
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