L’attacco di Gallera agli “pseudogiornalisti” non riguarda solo TPI, ma tutti noi cittadini
Se non ci fossero 16mila morti di mezzo, quasi 100mila contagiati e una regione al collasso economico e sanitario, farebbe quasi tenerezza. Un uomo delle istituzioni, un assessore regionale alla Sanità, uno che da tre mesi si occupa a tempo pieno di emergenza Covid, costretto a leggere su un tablet – perché a memoria è impresa ardua – cosa significhi la sigla RT, cercando di convincersi (più che convincerci) che è esattamente quello che intendeva dire. Insomma, la più classica delle toppe peggiori del buco. Eppure, si fosse limitato a questo, tutto sommato oggi potremmo dichiarare chiuso il caso con un po’ di imbarazzo e occuparci di cose serie.
Solo che l’ineffabile assessore Gallera non si è minimamente fermato lì, avventurandosi in una intemerata senza precedenti con cui, invece di scusarsi (se non dimettersi) ha rilanciato, prendendosela con chi ha osato criticarlo, in un copione sinistramente simile a quello a cui abbiamo assistito nei giorni scorsi in Parlamento con il caso Ricciardi. E lo ha fatto con tanto di nomi, cognomi e testate: in particolare l’ex assessore milanese Pierfrancesco Majorino, oggi eurodeputato Pd; blog di – come dice lui – “pseudogiornalisti” (ad occhio, credo si riferisse a me); e, soprattutto, la testata su cui state leggendo queste righe. L’unica colpa di TPI? Quella di essere stato l’unico giornale che, dal primo giorno, ha raccontato con coraggio e senza sconti le gravissime responsabilità politiche (quelle penali non spettano a noi) della giunta regionale lombarda nella gestione dell’emergenza Coronavirus.
In un Paese appena più decente di questo, un assessore alla Sanità pizzicato a non conoscere neppure la più elementare modalità di contagio si sarebbe dimesso cinque minuti dopo, spernacchiato da destra e sinistra. Qui non solo non si dimette. Non solo non si scusa. Ma addirittura fa un imbarazzante video di cinque minuti che apre e chiude offendendo avversari politici e stampa: i primi colpevoli di fare opposizione e i secondi di dare notizie. La reazione violenta e stizzita di Gallera è infinitamente più grave della gaffe stessa. Perché, se la prima dimostra oltre ogni ragionevole dubbio la conclamata incompetenza del Gallera politico, la seconda mette a nudo l’insostenibile arroganza di una classe politica abituata a considerare quotidiani e giornali – e qui le responsabilità sono da dividere equamente – come la grancassa della propria propaganda. E, guardate, non è un problema che riguarda solo TPI o qualche “pseudogiornalista” (come li chiama lui) ma noi tutti come comunità di cittadini che meritano un’informazione onesta, capace, coraggiosa, dura quanto e quando serve.
Un diritto che diventa addirittura questione di vita o di morte nel caso di una pandemia come quella che stiamo vivendo, e il caso Lombardia lo dimostra in maniera inequivocabile. Se, oltre a TPI e poche voci critiche – di cui immodestamente mi fregio di aver fatto parte – non avessero messo a nudo la spaventosa quantità di sprechi, omissioni, ritardi, errori marchiani di cui si è politicamente reso responsabile il duo Gallera-Fontana, oggi forse molte di quelle sciagure neanche le sapremmo o sarebbero emerse con grande e grave ritardo. È a questo, caro Gallera, che servono stampa e opposizione: a vigilare su chi ha l’onere di prendere decisioni, in alcuni casi anche molto difficili. Il video arrogante e vagamente minaccioso con cui ieri ha risposto sdegnato alle critiche non fa onore a un rappresentante delle istituzioni, lasciando in tutti i noi il fondato sospetto che ne sappia più di virus e indici di contagiosità che di democrazia e libertà di stampa. E questo, mi creda, ci creda, è molto, ma molto più preoccupante.
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