È che bisognerebbe esserci stati almeno una volta dietro al palco durante uno spettacolo teatrale o durante un concerto dal vivo o uno spettacolo di danza. Bisognerebbe avere visto lo spettacolo dal vivo prima di parlarne con una superficialità che cola un po’ dappertutto. I teatri rimarranno chiusi, per parecchio, ma dentro i teatri ci lavorano in molti: quelli che vedete in scena, ovvio, e una pletora di persone che lavorano dietro le quinte, lavorano prima e dopo lo spettacolo, lavorano per l’organizzazione, si danno da fare perché sia tutto in sicurezza, e poi ci sono gli autori, i registi, gli amministrativi e altri ancora.
Vi do una notizia che forse vi farà ribaltare: il mondo dello spettacolo non è il paradiso dorato che qualcuno prova a raccontare per sbolognare la discussione sulla crisi del settore come il gne gne di qualche intellettuale. Il mondo dello spettacolo dal vivo è un mondo artigiano e operaio, fatto di fatiche mal pagate e di passione come stimolo per andare avanti. Finiamola con questa barzelletta di un mondo dello spettacolo abitato da privilegiati e strapagati fancazzisti, citofonate a un tecnico di palco per chiedergli come vive il suo presente e come prevede il suo futuro e forse vi si aprirà un mondo.
Poi ci sono le soluzioni proposte. E quando si parla di arte e di cultura le soluzioni diventano sempre un simbolo o una metafora per sventolare quanto ci si tiene alla cultura, qui da noi, quanto siamo un Paese bello e buono con i suoi artisti. Il ministro Franceschini lancia la squinternata idea di una “Netflix degli spettacoli dal vivo”, tralasciando completamente che gli spettacoli dal vivo si chiamano così proprio perché sono scritti, studiati, messi in scena per un pubblico presente che risponde con reazioni vicine alla messinscena.
Paragonare tra l’altro il mondo dello spettacolo dal vivo con una multinazionale dell’intrattenimento significa essere incapace anche di coglierne i tratti essenziali. E se proprio volessimo dirla tutta sarebbe da fare presente al ministro Franceschini e ai suoi collaboratori che la “Netflix degli spettacoli dal vivo” in realtà esiste già e si chiama Rai: è il servizio televisivo pubblico che ha tra i suoi obiettivi quello di diffondere e sostenere tutte le forme di spettacolo e d’arte. Perché quindi inventarsi un’altra piattaforma? Insomma, i teatri non sono mai stati bene ma ora stanno ancora peggio, e ancora una volta il discorso diventa laterale e poco prioritario. Così lo spettacolo dal vivo è morto. Viva lo spettacolo dal vivo.
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