Ezio Bosso, il ricordo per un musicista speciale
I biglietti erano esauriti da giorni, l’attesa enorme. Avevo intuito da un po’ che il 17 maggio 2016, al Teatro Cilea di Reggio Calabria, il mio festival Fatti di Musica avrebbe vissuto una serata speciale, di quelle che restano nella storia di ogni teatro, di ogni festival e, soprattutto, di chi c’era. In realtà, caro Ezio, quel tuo concerto è rimasto per sempre nell’animo di ognuno; di chi, dopo oltre due ore di musica e poesia, non smetteva di applaudirti e ringraziarti a gran voce, con lacrime di gioia negli occhi, le mani indolenzite e l’emozione vera, sincera, nel cuore e sulla pelle.
Il teatro era pieno da un po’, fremeva; già dal foyer, si respirava l’atmosfera di un grande evento, unico e irripetibile, perfino magico. La gente s’affrettava a prendere posto, disposta anche a commuoversi. Alle 21 in punto, quando si sono spente le luci e si è aperto il sipario, giù il primo applauso. E’ bastato vederti. Tu e il tuo pianoforte eravate da soli sulla scena, pronti a incantare, stupire e far riflettere; a trascinare tutti in un viaggio oltre la realtà, fuori dai corpi e dalla materia, nelle tue “dodici stanze” di un universo di note, passione e bellezza. Una breve introduzione ha fatto subito capire che su quel palco non c’era, solamente, uno dei pianisti e musicisti più virtuosi al mondo, dei compositori più creativi e originali, amato ovunque, ma c’era un uomo incredibile e indomabile, capace di guardare la realtà con una ironia disarmante e una dolcezza per nulla ferita dall’assurdità di un destino ingiusto e incomprensibile.
La tua voce tremava, insieme alle mani, ma tremava pure il teatro, contagiato e scosso da una voglia di vivere, suonare e raccontare, che faceva sobbalzare sulle poltrone, tutti sorpresi dalla forza di uno spirito invincibile. Il tuo desiderio di condividere col pubblico, sogni e gioia, sofferenze e speranze, la sfida impossibile, ha aperto le porte di un altro mondo, di una dimensione sovrannaturale, fatta di vitalità e coraggio, energia e umanità, arte, creatività e meraviglia.
Un’empatia immediata e straordinaria, ti ha fatto amare dal primo istante, dalle prime parole, come si ama un familiare, un amico, una persona cara, ma anche un guerriero, un eroe, un essere speciale. Mentre un altro applauso, lungo e spontaneo, ricambiava il tuo saluto, come d’incanto le tue mani sono partite agili e sicure sul tuo amico fedele, quel pianoforte che godeva ad assecondare la tua genialità, il tuo estro, la capacità di tirare fuori dai suoi tasti bianchi e neri, suggestioni, sentimenti e colori inimitabili, come quelli dell’arcobaleno. Si è subito capito che tu e il tuo strumento avevate un rapporto simbiotico, indissolubile, sovrannaturale e misterioso. Un brano dietro l’altro, sono arrivate le perle di una discografia immensa, nonostante tutto, suonate in modo impareggiabile, da far urlare ed entusiasmare.
Da Chopin a Bach, ad Ezio Bosso, una performance dietro l’altra. Ci siamo subito accorti, avvinti, che la tua musica e il tuo pianoforte riuscivano a fermare il male, a spaventarlo, a non concedergli di mostrarsi, mentre le tue mani andavano su e giù, saltando. Saltavamo tutti insieme a te, convinti dalle tue note, dai tuoi pensieri e dalle tue confidenze, che ogni male sia superabile, ogni mostro addomesticabile. Ci hai contagiato d’ottimismo! Come in un rodeo, tifavamo per te, rendendoci conto che le tue mani e il tuo sorriso erano capaci di mettere il mostro alle corde, facendolo perfino sentire in colpa. Lui provava a scalfire il sublime, il bello, l’immenso; tu lo domavi, perfino irridendolo. “La musica mi ha insegnato che un problema, é l’opportunità per imparare a conoscere e conoscersi; l’augurio che faccio a tutti noi, é avere lo spazio e la stanza della libertà, benvenuti nella dodicesima stanza!”. Le tue parole si sono conficcate nella mente di tanti. La malattia era visibilmente nel tuo corpo, ma la tua medicina era più forte; come la tua ironia, capace di far sorridere perfino della tua sorte, per nulla spaventato.
Divertente e divertito, hai stupito tutti, portandoci nel tuo paradiso, verso l’eterno. Consapevoli della forza del tuo animo, siamo volati insieme a te, certi che il bene potesse prevalere pure sul tuo male, sconfitto su ogni palco. Improvvisamente, man mano che eseguivi i tuoi pezzi più belli, il cielo del teatro si è spalancato. Sono apparsi angeli e stelle, mentre platea e palchi salivano e scendevano sulle onde di un oceano di emozioni indescrivibili. “Ezio, Ezio!”, ad ogni coro, ti aprivi in sorrisi, puri e intensi da stregarci. “Perdere é molto più figo che vincere. Perdere un pregiudizio, un dolore, la frustrazione delle gambe storte. Il giorno che ho perso questa paura, ho imparato a volare”. Che lezione! Quando ho dovuto consegnarti il “Premio ai Miti della Musica Mondiale” ho provato un imbarazzo insolito ed enorme, interrompendo il rapporto d’amore tra te, il tuo pianoforte e la gente.
“Questo premio é nostro, perché i live si fanno insieme! Ci vogliono più muscoli per muovere un sorriso che un piede, e i sorrisi muovono passi. Vi auguro di allenare e migliorare il vostro sorriso, perché chi sorride, non solo migliora la vita di chi incontra, ma migliora anche la sua; ogni parola é difficile quando la musica arriva al cielo!”, dicesti felice sollevando il premio. Mentre andavi via, a fine concerto, il pubblico piangeva e rideva, applaudiva contento, con la consapevolezza che un nuovo mito si era aggiunto a quelli tramandati da storia e racconti. La leggenda di un pianista sullo Stretto accompagnerà, ormai per sempre, il canto di Sirene e Ninfe.