Una valanga di ipocrita indignazione per la presunta pubblicazione del presunto conto corrente di Matteo Renzi da parte de Il Fatto Quotidiano qualche giorno fa. Come al solito i lamenti sono inesatti (nella migliore delle ipotesi) se non addirittura strumentalmente falsi (se si vuole presumere una certa malafede dei garantisti pelosi): quello pubblicato non era “il conto corrente” ma semplicemente i finanziamenti presi dal senatore Matteo Renzi. Del resto lo stesso Renzi (quando si fingeva a favore della trasparenza perché non aveva ancora il privilegio di poter essere un antipatico ben pagato) sventolava il suo conto corrente con 15mila euro di saldo dicendo che qualsiasi politico con più denaro sul conto corrente non sarebbe stato credibile.
Presto fatto: in due anni Renzi di milioni ne ha incassati 2,6 anche da Stati stranieri. Niente. Gli strenui difensori dicono che sono fatti privati e che questa deriva potrebbe rendere pubblici gli estratti conto di tutti noi. Peccato che i movimenti bancari invece stiano nella carte depositate (e non segrete) di un’indagine in corso.
Chissà invece che dicono oggi i pelosi garantisti delle novità (sempre tra le carte dell’inchiesta) che racconta Il Fatto Quotidiano. Chissà se davvero avranno il coraggio di dirci che non c’entri nulla con la politica il fatto che Renzi e la sua combriccola abbiano usato una “Bestia” come quella dell’odiatissimo (e pubblicamente sbertucciato) Luca Morisi per la Lega di Salvini per creare account falsi sui social e per dopare il sentiment. Ai tempi della Lega fu proprio Renzi (e tutti i renziani) a definire “uno schifo” le modalità leghiste. E ora che si dice delle bestioline?
Politicamente rilevante appare anche la richiesta di Renzi di “pretendere una figura di raccordo tra noi e Andrea Salerno – scrive così Renzi a proposito del direttore di La7 – e conoscere le scalette”. Si potrebbe discutere ore dell’opportunità che un politico si senta in diritto di “pretendere di indirizzare alcuni contenuti” (e qui Renzi si supera buttando giù addirittura una linea editoriale che parte dal “superstipendio di Grasso”, una “fuga di Di Maio dalla società di Brescia sul Jobs Act” e un “marocchino che fa il volontario sulle ambulanze cacciato dal segretario della Lega di Vercelli”). Poi c’è il solito Renzi: quello che dice ai suoi di “montare polemiche su ogni cosa” (ma come? Proprio lui che professa la politica della serietà?), quello preoccupato per il suo scarso appeal sulle 25-44enni e quello che pretende di avere “rubriche fisse” sui quotidiani.
Ora, davvero, non è utile conoscere come intende la politica un ex premier che ancora vorrebbe essere leader? Così, per sapere. Perché l’Italia che (giustamente) trovava pericolose le frequentazioni e i ricatti nel letto di Berlusconi e ora ritiene “privati” i desideri di un ex presidente del Consiglio nell’orientare la stampa è piuttosto incoerente.