Per molti mesi prima del voto USA, e anche immediatamente dopo il netto risultato delle elezioni americane, sui media si è a lungo parlato delle possibili conseguenze, sociali ed economiche, che un ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca avrebbe significato per decine di milioni di cittadini in tutto il Paese.
Non possedendo una risposta univoca e certa in merito, pur dovendo tuttavia registrare il trionfo elettorale e persino popolare di Donald Trump nella sfida contro Kamala Harris, in questo editoriale abbiamo ritenuto più utile affrontare e concentrarci sugli interessi primari di noi europei alla luce della vittoria del magnate. La quale apre uno squarcio violento nelle relazioni tra Europa e Stati Uniti.
L’Ue si trova infatti davanti a un bivio. Perire e politicamente morire, trasformandosi, nell’ambizione di Trump, in una serie di disordinati stati-nazioni con cui trattare privatamente e singolarmente, alla Google-maniera, imponendo la propria forza al piccolo paese di turno, e senza dover passare per le regole comunitarie che hanno tutelato e difeso l’Europa sin qui.
Oppure, l’Europa può rinascere e risorgere ripartendo proprio dal modello Trump, sfruttandolo cioè per chiarire a se stessa e al resto del mondo cosa non vuole essere, senza avere timore di dire cose sacrosante, e affrontando le più importanti sfide di questo tempo, dal domare il predominio dei colossi del web al mitigare gli effetti del cambiamento climatico.
Un dato ci viene in aiuto: quindici anni fa, il PIL USA e quello UE si equivalevano. Ora, dopo tre lustri di turbocapitalismo e di ultratlantismo, gli americani ci hanno praticamente doppiato. Come controbattere? Ci aspettano anni di protezionismo americano e tentativi da parte di Trump volti a disarticolare l’Unione.
Inoltre, la leadership dei progressisti europei è oggi nelle mani insicure di Macron. Scholz (di recente criticato apertamente da Elon Musk interposta Trump persona) sembra destinato a cadere. La Francia ribolle. In Italia Elly Schlein deve ancora fare i compiti a casa.
Dall’altra parte del campo, avanzano i populismi. Giorgia Meloni si rafforza e con lei tutti i leader conservatori e di estrema destra. Proprio perché a Bruxelles è di casa il modello Orbán, che si ispira apertamente a Trump. Il sogno europeo sembra affievolirsi mai come oggi: spettatore pagante in Ucraina, ininfluente nel mezzo della lotta egemonica tra USA e Cina, il Vecchio continente o rinasce o muore.
L’Europa deve trovare una sua strada, che non può essere solo quella di portabandiera dei diritti “occidentali” contro il resto del mondo. Deve avere il coraggio, finalmente, di tornare a esercitare un suo ruolo nel mondo. Culturale, in primis, e politico ed economico.
Magari avendo il coraggio di affrancarsi da un eccessivo atlantismo ultrà che ha unito (questo sì) destra e sinistra e che è stato una costante di tutti i governi italiani degli ultimi anni (a eccezione di quelli guidati da Giuseppe Conte, soprattutto il primo).
Il mondo intanto fuori brucia. Il cambiamento climatico infiamma il Pianeta. Mentre Trump si rinfresca a Mar-a-Lago e sta alla finestra a guardare, teleguidato da Elon Musk.
Noi non possiamo accettare di affrontare l’inesorabile declino senza combattere. Svegliati, dunque, Europa, ce la puoi fare.
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