L’11 gennaio scorso, cinque giorni dopo l’assalto a Capitol Hill da parte dei sostenitori di Trump, l’ormai ex segretario di Stato Mike Pompeo ha annunciato il reinserimento di Cuba nella lista dei paesi sponsor del terrorismo. D’altro canto Pompeo, prima di diventare “ministro degli esteri Usa” ha guidato per due anni la CIA e la CIA, non è un segreto, da decenni prova a destabilizzare il governo cubano.
Nel 1961 fu la CIA ad organizzare l’invasione della baia dei Porci, un’azione militare avallata prima da Eisenhower e poi da JFK per rovesciare Fidel Castro. In quegli anni Direttore della CIA era Allen Dulles, fratello di John Foster Dulles, Segretario di Stato proprio sotto Eisenhower. I fratelli erano esperti in colpi di stato. Nel 1953 la CIA di Dulles riuscì a sbarazzarsi di Mossadeq, il premier iraniano, tra l’altro laico, che aveva avuto il torto di nazionalizzare l’industria petrolifera persiana a cominciare dalla raffineria di Abadan, in quegli anni la più grande del mondo e sotto il controllo degli inglesi. Sosteneva che le risorse del sottosuolo iraniano appartenessero al popolo e non alle multinazionali del petrolio. Per questo venne eliminato dalla scena politica.
Nel 1954 sempre la CIA riuscì rovesciare Jacobo Arbenz, presidente della Repubblica del Guatemala democraticamente eletto che aveva osato espropriare i terreni incolti che appartenevano alla United Fruits Company (l’attuale Chiquita Brands International) e redistribuirli ai contadini, per lo più indigeni, che morivano di fame. Il Paese venne invaso da mercenari addestrati dalla CIA arrivati dall’Honduras e Ciudad del Guatemala venne bombardata. Arbenz fu costretto a fuggire e nella terra dei maya scoppiò una guerra civile terminata solo nel 1996. Tra l’altro i fratelli Dulles avevano quote azionarie proprio della United Fruits Company.
Sette anni dopo Dulles ci riprovò a Cuba. Prima della rivoluzione cubana l’isola era di fatto proprietà degli Stati Uniti. I mafiosi italo-americani prosperavano costruendo lussuosi casinò. Le banche nordamericane gestivano la liquidità. La United Fruit Company possedeva migliaia di ettari e George Herbert Walker Jr., zio di Bush padre e prozio di Bush figlio, aveva il controllo della gran parte della produzione di zucchero dell’isola.
Castro nazionalizzò le banche USA che appartenevano ai Rockefeller, le raffinerie delle sorelle americane del petrolio, la West Indies Sugar di George Herbert Walker Jr. e altre imprese agricole statunitensi. Si trattò della realizzazione di ciò per il quale aveva combattuto per due anni nella Sierra Maestra, ovvero un processo di decolonizzazione economica. Si può essere d’accordo o meno con le scelte politiche prese dal governo cubano dal 1959 ad oggi, ma non si può negare il diritto di un Paese di vivere come vuole e seguire il modello economico che ritiene più opportuno.
Ancor di più se si tratta, come è il caso di Cuba, di un Paese che non ha mai rappresentato una minaccia per gli altri stati, altro che sponsor del terrorismo. È vero, negli anni Sessanta Cuba ha sostenuto lotte armate in Africa ed in America latina. L’ha fatto inviando guerriglieri che hanno evidentemente sparato e insegnato a sparare ma che non hanno mai commesso la quantità di crimini dei quali si sono macchiati i militari occidentali esportatori di democrazia. Ad ogni modo quella era un’altra epoca. Da decenni, ormai, Cuba esporta medici, infermieri, farmaci e vaccini.
Anni fa Merlin, una bimbetta della comunità guatemalteca dove lavoravo ebbe un incidente. Cadde e perse i sensi. Venne portata all’ospedale di San Benito, un comune del nord del Guatemala polveroso e particolarmente pericoloso. La visitarono e le prescrissero farmaci costosissimi. Facemmo una colletta per acquistarli ma Merlin peggiorò. A salvarle la vita furono proprio i medici cubani, medici inviati e pagati da L’Avana che prestano cure agli indigenti di mezzo mondo. Ebbene un Paese che fa questo non merita un embargo che va avanti da 59 anni. Qualunque cosa si possa pensare di Cuba il bloqueo è inumano, vile, spregevole e profondamente ipocrita. Ancor di più oggi che Cuba sta dando una lezione al mondo intero su quel che significa solidarietà internazionale.
Lo scorso anno due contingenti di medici cubani hanno operato in Lombardia e Piemonte durante la prima ondata di Covid-19. La brigada medica “Henry Reeve” venne istituita per volere proprio di Fidel Castro nel 2005 per fornire supporto medico agli Stati Uniti colpiti dall’uragano Katrina. Da allora migliaia di medici ed infermieri cubani si sono occupati dei più poveri del pianeta. Assegnare il premio Nobel per la Pace ai medici cubani mi sembra più che sensato. Certamente se lo meritano più loro del presidente Obama che decise di intervenire militarmente in Libia 522 giorni dopo aver ricevuto il premio.
Oggi chi sostiene queste posizioni è considerato un eretico e chi ha il coraggio di farlo pubblicamente mette a repentaglio la propria carriera politica. Ripeto: mette a repentaglio la propria carriera politica. Ed è paradossale il fatto che gli attacchi arrivino soprattutto dalla cosiddetta sinistra, ormai imprigionata dentro sterili battaglie borghesi. Battaglie di retroguardia. Battaglie care all’establishment.
Oggigiorno il sistema politico-mediatico ha plasmato nuove categorie per dividere i cittadini. Destra e sinistra erano ormai obsolete e andavano cambiate. Molto meglio sovranisti contro europeisti. Cosa significhino oggigiorno queste categorie non ne ho idea. Io sono profondamente europeista. Credo nella necessità da parte dell’Europa di affrancarsi dal giogo politico nordamericano. Credo che nessun diktat proveniente da Washington dovrebbe essere più accettato a Bruxelles, credo che solo una vera autonomia e sovranità politica europea potrà impedire il progressivo indebolimento del Vecchio continente schiacciato dagli attori della nuova guerra fredda: Cina e Usa.
Credo che l’Ue dovrebbe finirla una volta per tutte con l’embargo a Cuba, con le sanzioni all’Iran e con una russofobia che non ha fatto altro che rafforzare il potere di Putin. Credo che non sia più tollerabile la presenza di basi militari nordamericane sul territorio europeo. Credo non dovrebbero essere mai più avallati interventi militari Nato come quelli realizzati in Iraq, Libia, Siria e Afghanistan le cui conseguenze le ha patite l’Europa intera in termini di aumento dei flussi migratori e aumento degli attacchi terroristici.
Credo che l’Ue debba – perlomeno fino a che esisteranno membri permanenti all’interno del Consiglio di Sicurezza dell’Onu – avere un seggio fisso. Credo che l’Ue debba istituire, al più presto, una casa farmaceutica pubblica europea per non subire le bramosie di profitto delle multinazionali di Big Pharma.
Esiste il Mes sanitario? Sarebbe opportuno investire queste risorse in un progetto comune di tale portata. Insisto: una casa farmaceutica europea i cui azionisti siano tutti i membri dell’Unione, quindi, di fatto, il popolo europeo. In fondo qual è stata la peggior minaccia subita dall’UE dal giorno della sua nascita? La pandemia che stiamo ancora affrontando. Un vero europeista costruisce risposte europee a minacce globali. Un finto europeista si affida esclusivamente a multinazionali straniere, tra l’altro, neppure più europee.
Molti presunti europeisti pensano che tutto questo sia pura follia. In cambio in Italia imperversano presunti sovranisti che vanno a baciare la pantofola a Washington, come la Meloni, o che indossano berretti con su scritto Go Trump go come Salvini.
“L’invasore annientato dal popolo di Cuba”. Così titolava L’Unità il 20 aprile del 1961 all’indomani del fallimento dell’invasione della baia dei Porci. Oggi chi osa criticare l’embargo contro Cuba riceve insulti proprio dagli eredi di quella stagione politica.
Questo perché il più volgare liberismo ha contaminato la politica mondiale iniziando proprio da quei partiti che un tempo vi si opponevano. Persino i vaccini, diritto umano inalienabile come bere acqua o respirare aria, rispondono alle leggi del mercato sebbene le case farmaceutiche private che li producono abbiano ricevuto miliardi di euro pubblici dai governi che hanno urgenza di rispondere alla pandemia.
Prima della crisi di governo il commissario Arcuri aveva annunciato una esposto contro la Pfizer per i ritardi sulla consegna dei vaccini. Pochi giorni dopo, sempre Arcuri, ha annunciato che Moderna, altra casa farmaceutica statunitense, avrebbe tagliato il 20 per cento delle dosi promesse all’Italia. Anche AstraZeneca, colosso britannico privato, ha accumulato ritardi nelle consegne. Pare che alcune problematiche si stiano superando, ad ogni modo vi è il sospetto che Big Pharma abbia scelto di privilegiare quei paesi disposti a pagare di più ciascuna dose. “Non pagano i vaccini come gli altri? Che mangino brioche”.
In una fase storica in cui anche i più inflessibili nemici dello stato sociale si sono resi conto dell’importanza del pubblico, interi Stati dipendono dalle decisioni prese nei C.d.A. di case farmaceutiche private oltretutto sovvenzionate dalle tasse di quei cittadini che aspettano il vaccino per tornare a vivere normalmente. E Cuba sarebbe il Paese terrorista, un Paese dove una casa farmaceutica pubblica sta terminando la sperimentazione di vaccini da distribuire anche ai paesi del terzo mondo? È il mondo alla rovescia.
Fabrizio Chiodo è un ricercatore italiano di 35 anni. È figlio del sud. Nato a Palermo lavora al CNR di Pozzuoli. Collabora anche con il Vrije University di Amsterdam e soprattutto con l’Istituto Finlay di L’Avana, il centro di ricerca biomedica che sta producendo due vaccini chiamati Soberana 1 e Soberana 2 (sovrana 1 e sovrana 2, vaccino in spagnolo si dice vacuna ed è un sostantivo femminile) contro il Covid-19 la cui realizzazione segue approcci diversi rispetto a quelli adottati da Pfizer e Moderna.
BioCubaFarma, la casa farmaceutica statale cubana che coordina il lavoro di 32 aziende pubbliche che operano nel campo della ricerca e della produzione biomedica, sta lavorando a quattro vaccini contro il Covid-19. Alla fine i vaccini cubani saranno disponibili qualche mese dopo quelli di Pfizer e Moderna ma certamente BioCubaFarma non ha ricevuto i miliardi di euro che hanno ottenuto le multinazionali di BigPharma. Eppure, molto probabilmente, saranno proprio i vaccini cubani, come già avvenuto con quello contro il meningococco, ad immunizzare milioni di indigenti. BioCubaFarma, nonostante il bloqueo che colpisce l’isola dal 1962, ha esportato medicine, vaccini e tecnologie sanitarie in 48 Paesi. Esportano farmaci, non missili terra-aria.
Cuba, secondo i dati dell’Oms, vanta il numero più alto di medici per numero di abitanti al mondo. Cuba disegna, sviluppa e produce il 90 per cento dei vaccini che poi somministra alla sua popolazione, una delle popolazioni, tra l’altro, che vanta la più alta copertura vaccinale al mondo. E il tutto senza ricorrere al Mes. Cuba ha mille limiti. Limiti politici ed economici. Ma chi ha onestà intellettuale dovrebbe applaudire ai suoi esempi virtuosi di politica sovrana. Così come in Piemonte e Lombardia sono stati applauditi e ringraziati i medici cubani quando hanno lasciato l’Italia dopo aver concluso la loro missione.
Attualmente i vaccini anti-Covid cubani rappresentano il 6,5 per cento di tutti i vaccini in clinical trial mondiali. A Cuba vivono poco più di 11 milioni di abitanti ovvero lo 0,0014 della popolazione del pianeta eppure stanno sperimentando sull’uomo il 6,5 per cento dei vaccini contro il Covid-19 a livello mondiale.
Quell’isola caraibica meriterebbe molto più rispetto così come meriterebbero rispetto idee che contrastano il liberismo galoppante, l’allargamento della forbice tra ricchi e poveri ed il primato della finanza sulla politica. Al contrario chi prende posizioni scomode viene triturato dal sistema mediatico e dai trombettieri dello squadrismo del millennio: quello caratterizzato dalle etichette facili.
Chi sogna un’Europa davvero indipendente, a partire dalla produzione di farmaci e vaccini, viene considerato un pericoloso anti-sistema mentre chi segue ansiosamente le elezioni presidenziali americane sentendosi, evidentemente, un territorio d’oltremare di Washington si crede europeista. In realtà, altro non è, che l’ennesimo suddito a sua insaputa.
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