Millennials, ovvero i protagonisti del nuovo millennio. Vengono chiamati così coloro che sono nati fra il 1980 e la prima metà degli anni Novanta, i ragazzi e le ragazze che avevano vent’anni nell’estate del 2001, che hanno cominciato a lavorare mentre il sistema liberista rimaneva sepolto sotto le macerie della Lehman Brothers, che si sono affermati nel decennio iniziato con il collasso della Grecia e terminato con il Covid e che oggi sono padri e madri nel bel mezzo di una guerra dai contorni potenzialmente apocalittici.
Quando chiedevano a Enzo Biagi cosa lo accomunasse all’Avvocato Agnelli, questi rispondeva: «Avevamo entrambi vent’anni il 10 giugno del ‘40». Il 20 luglio 2001, mentre Carlo Giuliani veniva colpito a morte in piazza Alimonda, a Genova, Elly Schlein aveva sedici anni e abitava ancora a Lugano, Erasmo Palazzotto muoveva i primi passi in politica nelle file di Rifondazione Comunista, Marco Furfaro, Chiara Gribaudo, Michela Di Biase, Jasmine Cristallo, Chiara Braga, il portavoce Flavio Alivernini, lo storico consigliere Gaspare Righi e altri personaggi di primo piano del nuovo Partito democratico avevano vent’anni o poco più. Mattia Santori, leader delle Sardine e anche lui membro della Direzione nazionale del Pd, aveva appena terminato le scuole medie. Il bonacciniano Giacomo Possamai, oggi candidato a sindaco di Vicenza, le elementari.
Peppe Provenzano, dal canto suo, aveva concluso il liceo e stava per intraprendere il percorso, professionale e politico, che lo avrebbe condotto dapprima ai vertici di Svimez e poi al ministero per il Sud e la Coesione territoriale.
Insomma, il 2001 è stato uno spartiacque generazionale, un anno del destino, potremmo quasi dire, con citazione dossettiana, un “crogiolo ardente”, in cui si sono sviluppate storie, compiuti destini e formate idee che avrebbero caratterizzato l’immaginario dei personaggi al centro di questa vicenda fino al momento della loro ascesa.
Coscienza storica
Dicevamo di Elly Schlein. Aveva sedici anni anche l’11 settembre di quell’anno senza fine. Era un martedì e si trovò, da adolescente di origini americane, ad assistere alle scene strazianti delle Torri Gemelle colpite dai jet dirottati dai terroristi di Al-Qāida, in un anno decisivo per le sorti dell’umanità, dopo il quale nulla è stato più come prima.
Ebbene, l’aspetto interessante della segreteria Schlein è che, proprio come la Squad americana, anche la nuova classe dirigente democratica sembra avere il senso della storia. Per dirla con Bersani, chiedono eccome chi erano i Beatles, in omaggio a un verso immortale di un bolognese doc come il paroliere Roberto Roversi.
E così, come Ocasio-Cortez e Ilhan Omar hanno fatto squadra insieme a Bernie Sanders, un vecchio socialista del Vermont che a vent’anni sfilava in corteo insieme a Joan Baez e Bob Dylan, in nome dei diritti civili promossi dal reverendo King, allo stesso modo Elly Schlein e il suo gruppo non hanno avuto alcun problema a stringersi in un abbraccio ideale con grandi pasionarie della sinistra, da Livia Turco a Rosy Bindi, un abbraccio ideale che riprende il filo della stagione prodiana e ulivista e lo conduce nel futuro.
La nuova dirigenza, giovane ma non sprovveduta, ha dunque il senso delle radici e crede fortemente nell’incontro fra le generazioni. È una questione pre-politica: l’alleanza nonni-nipoti è un fatto di portata globale, ancor più accentuato nella Generazione Z, i figli del Duemila, ragazze e ragazzi che oggi hanno vent’anni e scandiscono gli stessi slogan dei giovani di vent’anni fa, a cominciare da «Un altro mondo è possibile», manifesto esistenziale dei popoli di Seattle, oggi appannaggio di Greta Thunberg e Vanessa Nakate.
Tra Conte e Landini
Sono lontani anche i giorni del Pd sviluppista e trivellatore, a braccetto con un certo mondo industriale non proprio interessato alle sorti della collettività. Non che il Pd dei Millennials abbia deciso di dichiarare guerra alle imprese, ma non c’è dubbio che temi come il salario minimo e la difesa del Reddito di cittadinanza dall’attacco di questo governo costituiscano un biglietto da visita ben diverso agli occhi degli osservatori esterni e anche dei sindacati, dopo la frattura totale con il renzismo e il lento riavvicinamento nell’era Zingaretti.
Questa dirigenza, tuttavia, pone una sfida anche a Cgil, Cisl e Uil, organizzazioni finora restie ad accettare la sfida del salario minimo ma oggi costrette a un ripensamento, se non altro per riavvicinare a sé i giovani e i lavoratori senza rappresentanza.
La proposta, a dire il vero, nasce dai Cinque Stelle, e non a caso Giuseppe Conte l’ha rivendicata con vigore, anche per non farsi schiacciare dal dualismo fra le due donne al potere, vera novità di questa fase storica. Fatto sta che la Schlein l’ha ripresa con entusiasmo e sembra pronta a fare asse con il leader pentastellato, in nome di un comune interesse politico ed elettorale.
Non solo perché è donna
Il tema della donna al potere, del resto, appassiona soprattutto gli addetti ai lavori di una certa età. Per i giovani, nati e vissuti negli anni della Merkel, della von der Leyen, di Christine Lagarde e delle sigle sindacali guidate da Camusso e Furlan, l’elemento più interessante è la posizione della Schlein sui diritti: massima apertura su matrimoni e adozioni anche per le coppie omosessuali, rispetto nei confronti di chi ha un’appartenenza sessuale non binaria, anti-proibizionismo per quanto riguarda cannabis e droghe leggere. E poi il femminismo integrale, ben al di là delle quote rose e delle timide aperture del passato.
Se una moltitudine di giovani si è mobilitata in suo favore, arrivando addirittura a iscriversi al Pd, è perché sente, per la prima volta, di poter contare ed esprimere le proprie idee. Il che, dopo aver denunciato a lungo la disaffezione della cittadinanza nei confronti di partiti e istituzioni, dopo esserci allarmati per la scarsa partecipazione elettorale e dopo aver condannato il progressivo allontanamento dei soggetti politici dalle esigenze e dalle richieste pressanti delle persone, costituisce, comunque la si pensi, una buona notizia.
Incognite
Ha ragione anche chi sostiene che non tutto sia risolto, che il Partito democratico sia ancora un cantiere aperto, che l’opposizione interna tornerà presto a farsi sentire, che su temi come la guerra in Ucraina e i termovalorizzatori i nodi verranno, prima o poi, al pettine e che non saranno certo tutte rose e fiori.
La prima a saperlo è Elly Schlein, la quale aveva detto in tempi non sospetti di non voler essere una «donna sola al comando» e di non voler replicare gli schemi fallimentari del passato.
Tuttavia, la sua vera forza l’ha spiegata lei stessa in un’intervista al Corriere della Sera: «Non ho nulla da perdere. Per questo vincerò». E lo stesso vale per la generazione che ha perso tutto nei cinquantatré giorni che separano piazza Alimonda dalle Torri di New York. La globalizzazione liberista le ha tolto praticamente tutto e ne è consapevole. Per questo, potrebbe non deluderci.