Giratela come volete, ma nel governo Draghi è passata la linea della Lega. Dopo l’astensione dei Ministri leghisti sul decreto riaperture votato ieri in CdM, la narrativa che ne è derivata sui maggiori quotidiani nazionali è quella di un premier che riesce a resistere e a non cedere alle richieste aperturiste di Salvini. Il tutto sarebbe giustificato dalla decisione di Draghi di lasciare il coprifuoco invariato alle 22, andando contro la pretesa del leader leghista di posticiparlo alle 23. Ecco, le cose si potrebbero leggere in un modo completamente diverso, e vi spiego perché.
Punto primo. Matteo Salvini da un anno a questa parte voleva arrivare a un obiettivo: le riaperture. Riaperture dei locali, delle industrie, degli spostamenti tra Regioni. Il modo più semplice per solleticare la simpatia di tutte quelle persone che hanno perso il lavoro, senza però spiegare loro che con le aperture selvagge e indistinte contenere i contagi è impossibile. Salvini l’ha avuta vinta, perché è proprio alle riaperture che si è arrivati dopo qualche settimana di governo Draghi. Con il decreto Covid del 26 aprile riapriranno anche le palestre, i cinema, i ristoranti (ben inteso: si intende il 48 per cento delle attività commerciali che hanno i tavoli all’esterno, tutti i restanti dovranno attendere. Ma di questo dettaglio Salvini si è accorto troppo tardi). E questo nonostante dalle voci esperte degli scienziati come il direttore delle Malattie infettive del “Sacco” Massimo Galli, il prof di microbiologia dell’università di Padova Andrea Crisanti e il direttore della Prevenzione del ministero della Salute Giovanni Rezza arrivi all’unisono un grido d’allarme per mantenere alta la prudenza, visto che la campagna vaccinale non è ancora decollata.
Punto secondo. La bagarre sul coprifuoco è stata del tutto strumentale. Intanto si tratta di una sola ora di differenza e poi non sarebbe prolungato fino al 31 luglio come è trapelato sul Corriere della Sera. Palazzo Chigi valuterà infatti le modifiche graduali a partire da giugno. Quindi cosa cambia realmente? Veramente poco. Ma questo tira e molla ha fatto il gioco sia di Draghi che di Salvini. Al primo ha restituito l’immagine dell’eroe contro gli irresponsabili. Mentre al secondo ha lasciato il ruolo di opposizione (che ultimamente gli sta rubando invece Giorgia Meloni).
Punto terzo. A resistere davvero agli aperturisti è rimasto solo il ministro della Salute Roberto Speranza. Lo stesso ministro che quotidianamente proprio la Lega e Fratelli d’Italia stanno minando, chiedendo le sue dimissioni. Mario Draghi lo ha salvato e difeso, ma le dichiarazioni d’amore pubbliche in conferenza stampa non bastano a tenere insieme i pezzi di un esecutivo che minaccia l’espulsione di un suo stesso ministro. A parte Speranza, gli altri? Non pervenuti. Il segretario del Pd Enrico Letta non si esprime sulla linea da tenere rispetto alle aperture e i Cinque Stelle ancora meno. E così non stanno solo sprecando l’importante occasione di occupare la posizione dei “responsabili”, dei partiti che prediligono la salute all’economia. Ma stanno facendo proprio la figura degli ignavi.
Punto quarto. L’astensione della Lega sul provvedimento Covid è uno strappo che crea un precedente grave in questa maggioranza. Come ha detto anche il deputato del Partito Democratico Matteo Orfini oggi a TPI, le azioni di Salvini sono state “irresponsabili e scorrette, le misure erano concordate anche con la Lega. Certo, erano il frutto di una mediazione faticosa, ma erano state concordate e tenevano conto sia della necessità di riaprire almeno parte delle attività in sicurezza che dei rischi sanitari: si era trovato un punto di equilibrio ragionevole, accettabile e soprattutto condiviso”.
Insomma, altro che “Draghi non cede”, “Draghi ferma Salvini”, “Il premier mantiene il punto”. La verità (scomoda) è che il governo Draghi, sulla gestione della pandemia, è sotto scacco della Lega.
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