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    Arrabbiato per il Quirinale e pressato dalle richieste dei partiti: Draghi non esclude un suo addio al governo

    Di Marco Antonellis
    Pubblicato il 10 Feb. 2022 alle 10:38 Aggiornato il 10 Feb. 2022 alle 10:39

    Per sbollire la rabbia della mancata elezione al Quirinale Mario Draghi si è messo a girare l’Italia. “In realtà”, spiega chi lo conosce bene “il premier ha finalmente capito quali sono i suoi punti deboli: il rapporto con i cittadini e quello con la politica”.

    Per questo, dopo la fallita elezione al Colle è partito con la sua personalissima “operazione simpatia”: ieri è stato a Genova ma nelle prossime settimane girerà le principali città italiane dal sud al nord Italia. Un modo per far vedere le cose che sta facendo il governo ma anche per entrare in “empatia” con la gente, vero punto debole del suo primo anno palazzo Chigi.

    Il premier è sempre stato tacciato di una certa “freddezza”. Sarà molto più difficile invece legare con i leader di partito: Palazzo Chigi ha promesso all’Europa che comincerà da subito con il rientro del debito, almeno 4 punti percentuali all’anno.

    Musica che non suona certo bene per le orecchie dei leader di partito che quest’anno saranno in piena campagna elettorale in vista delle elezioni politiche del 2023. Come far combaciare il rientro del debito promesso dall’ex numero uno Bce all’Europa con le esigenze elettorali dei partiti?

    Draghi ha già rassicurato Bruxelles che non farà ulteriore deficit mentre i partiti continuano a chiedere scostamenti di bilancio. Non sarà facile trovare la quadra. Per questo, anche tra i fedelissimi del premier, si continua a sostenere che la navigazione del governo in questi ultimi 12 mesi che portano alle elezioni non sarà né facile né tranquilla tanto da arrivare a sperare che “i partiti non vogliano perderlo anche come capo del governo, dopo averlo perso per il Quirinale”.

    Il sospetto che serpeggia a palazzo Chigi è che i partiti pensino che sia possibile andare avanti sulla strada del PNRR e del rispetto degli impegni con l’Europa anche senza Mario Draghi al timone del Paese.

    Insomma, andare avanti con una campagna elettorale permanente e la contemporanea necessità di non fare altro deficit non sarà assolutamente facile. Per questa ragione in transatlantico si sta diffondendo la preoccupazione che Draghi esasperato dalle richieste dei partiti e dalle fibrillazione della maggioranza di governo (non ultime quelle in casa 5 Stelle) possa alla fine mandare un sonoro “addio” a tutti quanti.

    Compresi coloro i quali lo hanno prima illuso e poi disilluso di poter salire al Quirinale (e non si tratta solamente di qualche leader di partito). L’irritazione è arrivata molto più in alto. Perché la rabbia non è stata ancora sbollita.

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