Il «doppio standard» è sempre in agguato, ci avvisa lo storico israeliano Ilan Pappé in un articolo sul Palestine Chronicle. Personalmente mi auguro che ai sofferenti ucraini non capiti quello che è successo ai curdi siriani, utilizzati dagli americani come fanteria nella lotta contro il Califfato – dove ebbero 15mila morti – e poi abbandonati dagli stessi americani al massacro della Turchia di Erdogan. Accadde nell’autunno del 2019. Gli Usa di Trump si ritirarono dal Rojava nel nord della Siria ed Erdogan mandò i suoi soldati e i jihadisti a farli fuori. Quella volta per non lasciarli del tutto alle mercé di Ankara intervenne la Russia di Putin (non tanto per motivi umanitari quanto per sostenere il regime di Assad). L’Europa si sollevò indignata promettendo sanzioni alla Turchia, Paese membro della Nato e governato da un autocrate che con Putin ha molti punti di contatto. Ma per quei crimini nessuno punì la Turchia, che resta anche l’unico Stato dell’Alleanza Atlantica a non aver imposto sanzioni a Mosca. Non un dettaglio.
Nel caso dell’Ucraina a evocare il Medio Oriente, in realtà, è stato lo stesso ministro degli Esteri ucraino, che si era lamentato con l’ambasciatore israeliano: «Ci state trattando come Gaza», aveva detto, furioso, sostenendo che Israele non aveva ancora condannato l’invasione russa ed era interessato solo a far uscire dal Paese i cittadini israeliani o gli ucraini di origine ebraica. Il ministro faceva riferimento all’evacuazione forzata dalla Striscia delle donne ucraine sposate con dei palestinesi nel maggio 2021 [durante gli undici giorni di conflitto israelo-palestinese, ndr], ma intendeva anche ricordare a Israele il pieno sostegno del presidente ucraino in occasione dell’aggressione israeliana ai danni di Gaza.
C’è guerra e guerra
Quando si analizza la crisi ucraina in un contesto più ampio, a emergere non è solo l’ipocrisia occidentale sulla Palestina, ma l’intero sistema di «double standard» in uso in Occidente. Tutto questo senza restare indifferenti, neanche per un istante, alle notizie e alle immagini che ci arrivano dal conflitto in Ucraina: bambini uccisi o traumatizzati, lunghe file di profughi, edifici danneggiati dai bombardamenti e la minaccia concreta che questo sia solo l’inizio di una catastrofe umanitaria ancora più ampia nel cuore dell’Europa. Allo stesso tempo chi ha vissuto le tragedie del Medio Oriente – dalla Palestina alla Siria, dall’Iraq alla Libia, dall’Afghanistan allo Yemen – non può fare a meno di notare l’ipocrisia dell’Occidente, pur mantenendo salde la solidarietà umana e l’empatia con le vittime di ogni guerra.
Ilan Pappé, docente a Haifa ed Exter, ha individuato quattro falsi postulati alla base del coinvolgimento dell’establishment occidentale nella crisi ucraina e ne ha dedotto quattro lezioni. Lezione numero 1: i profughi bianchi sono i benvenuti, gli altri molto meno. La decisione dell’Unione europea di aprire le porte ai profughi ucraini è senza precedenti se si considera la chiusura dei confini della maggior parte dei Paesi europei nei confronti dei rifugiati provenienti dal mondo arabo o dall’Africa. Una selezione razziale che alcuni leader europei non si vergognano a esternare come nel caso del premier bulgaro Kiril Petkov: «I profughi ucraini non sono quelli cui siamo abituati, loro sono europei. Queste persone sono intelligenti e istruite. Non sono i profughi a cui siamo abituati, persone di cui non conosciamo l’identità, con un passato poco chiaro, che potrebbero anche essere terroristi». Petkov non è il solo a pensarla così. I media parlano continuamente di «rifugiati simili a noi», e questo razzismo è del tutto evidente ai confini tra l’Ucraina e i Paesi confinanti.
Lezione numero 2: si può invadere l’Iraq, ma non l’Ucraina. Saddam peraltro fu attaccato dagli Usa sulla base della più grande fake news del XXI secolo, ovvero che Baghdad possedesse armi di distruzione di massa. È difficile trovare un’analisi che sottolinei il fatto che Usa e Regno Unito hanno violato il diritto internazionale e la sovranità di uno Stato quando con una coalizione di Paesi occidentali e Nato hanno invaso Afghanistan e Iraq. L’occupazione di un Paese non è un concetto inventato da Putin: è stato giustificato come strumento politico anche dall’Occidente.
Punti di vista
Lezione numero 3: in alcuni casi i neonazisti possono essere tollerati. Qui non si tratta come ha fatto Putin di giustificare un’invasione per «denazificare» il Paese: questa è solo propaganda portata all’estremo. Ma di constatare che prima dell’attuale conflitto media occidentali come The Nation, The Guardian e Washington Post ci mettevano in guardia contro il crescente potere dei gruppi neonazisti in Ucraina. Il 15 giugno del 2017 il Washington Post sosteneva, con grande perspicacia, che un eventuale scontro tra Ucraina e Russia non avrebbe dovuto farci dimenticare il potere dei gruppi neonazisti ucraini. «Mentre continua lo scontro in Ucraina con i gruppi separatisti filo-russi, Kiev deve fronteggiare un’altra minaccia: i potenti gruppi ultranazionalisti di estrema destra. Questi gruppi non si fanno scrupoli a usare la violenza e questo si scontra con quell’immagine di democrazia europea e tollerante cui aspira Kiev». Ma oggi il Washington Post adotta un atteggiamento del tutto diverso e definisce l’etichetta di neonazismo una «falsa accusa»: «In Ucraina operano diversi gruppi paramilitari come il battaglione Azov e il Pravyi Sector (Settore Destro) che sposano l’ideologia neonazista. Ma nonostante la continua esposizione non sembrano avere un sostegno popolare». Insomma, dobbiamo stare tranquilli: se finiranno a loro, le armi occidentali sono in buone mani.
Lezione numero 4: abbattere un grattacielo è un crimine di guerra solo se accade in Europa. Il governo ucraino è anche incredibilmente filo-israeliano. Uno dei primi atti di Zelensky è stato ritirarsi dal comitato Onu sui diritti dei palestinesi. Zelenski non ha mostrato alcuna empatia nei loro confronti. Nelle interviste rilasciate durante i bombardamenti israeliani su Gaza, nel maggio del 2021, ha affermato che l’unica tragedia nella Striscia era quella vissuta dagli israeliani. Sarebbe come dire che i russi sono gli unici a soffrire in Ucraina. Zelensky non è il solo a pensarla così. I leader che oggi si dicono giustamente sdegnati per i raid distruttivi in Ucraina sono rimasti in silenzio mentre Israele radeva al suolo Jenin nel 2000, Beirut e il Libano nel 2006 e Gaza nel corso degli ultimi quindici anni. Ma nessuno ha mai sanzionato Israele e solo a discuterne vieni tacciato di antisemitismo. Per non parlare delle vittime dei raid americani e Nato in Iraq e Afghanistan. La Brown University ha calcolato che in vent’anni di «guerra al terrore» Usa i morti sono stati 800mila tra Iraq, Afghanistan, Siria, Yemen e Pakistan. I conflitti iniziati o partecipati dagli Stati Uniti in otto Paesi (Afghanistan, Pakistan, Iraq, Libia, Siria, Yemen, Somalia e Filippine) hanno provocato almeno 37 milioni tra rifugiati e sfollati interni. Questo non assolve certo Putin dai crimini in Ucraina, ma ci deve far riflettere perché qualche miliardo di persone nel globo ci guarda con una certa indifferenza e diffidenza.