Dimissioni di Fioramonti: pessima notizia per governo, M5S e Pd
Sì, è vero: un ministro che minaccia di dimettersi per difendere una sua idea e poi si dimette davvero perché non è riuscito a raggiungere il suo obbiettivo minimo è qualcosa di insolito in questo Paese. Di più: un politico qualsiasi che rinuncia a una sua carica istituzionale è una rarità che fa rumore in questa marea di afflitti dalla propria autopreservazione.
Normale quindi che quando il ministro Fioramonti ha deciso di dimettersi (a Natale, come in un’ottima sceneggiatura) si sia assistito agli stessi osanna di chi incrocia un animale considerato estinto.
Però al di là dell’aspetto emozionale (amplificato dallo spirito delle feste) l’abbandono di Lorenzo Fioramonti non è una buona notizia per la salute e per la credibilità di questo governo, per il Movimento 5 Stelle e nemmeno per il Partito Democratico. Pessima notizia ovviamente anche per il mondo della scuola: il concorso per la scuola pubblica era già stato rinviato per la caduta del primo governo Conte e ora rischia di saltare anche nella prossima primavera.
Che un ministro si dimetta in evidente disaccordo con la manovra di bilancio è la certificazione più inoppugnabile del fallimento nel far quadrare i conti e espone inevitabilmente tutta la compagine di governo alle sciabolate critiche dell’opposizione. La scuola e la cultura sono sempre accarezzate in ogni programma elettorale e nei buoni propositi di qualsiasi esecutivo ma i fatti dicono che negli anni sono state affossate dai tagli e dalla disattenzione della politica: la politica in fondo è molto più semplice di come vorrebbero raccontarcela e la priorità di un settore si misura negli investimenti che vengono fatti, tutto qui.
I tagli al mondo della scuola sono considerati da decenni come inevitabili e assolutamente meno dolorosi di qualsiasi altro capitolo di spesa: fateci un piacere, basta con questa retorica sulla scuola, davvero, basta. Le cronache parlamentari tra l’altro ci raccontano di un Fioramonti impegnato nella creazione di nuovi gruppi parlamentari che sarebbero in sostegno di Giuseppe Conte ma che si staccherebbero dal gruppo del Movimento 5 Stelle: essere in disaccordo con un governo e formare un gruppo in sostegno al capo di quel governo è una coltellata al Movimento 5 Stelle, non ci vuole un genio per capirlo.
E allora sorge il dubbio che il Conte bis sia ormai tenuto in vita solo in attesa di riposizionarsi per le prossime elezioni, valutare percentuali e possibili schieramenti. E non è un bel vedere, dai, proprio no.