I decreti sicurezza hanno prodotto solo insicurezza. È ora di abolirli
Decreti Sicurezza? Macché. I provvedimenti fortemente voluti dall’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in realtà non fanno altro che produrre insicurezza creando migliaia di “invisibili” senza alcuna protezione, diritto e possibilità di integrazione. Utili strumenti di propaganda per azioni dimostrative contro le Ong, le norme approvate tra ottobre e novembre 2018 di fatto escludono richiedenti asilo e beneficiari di protezione dal sistema dell’accoglienza, privandoli di ogni possibilità di tutela e rendendoli facili prede di sfruttatori, caporali e soprattutto di quelle mafie made in Italy che abbiamo esportato in tutto il mondo. In queste ore il Governo discute su come modificarli, ma in realtà andrebbero semplicemente aboliti.
A raccontare bene i disastri causati dai due abomini legislativi che sembrano pensati unicamente per produrre tweet e dirette Facebook, il report “I sommersi dell’accoglienza” prodotto recentemente da Amnesty International. Un documento che – dati alla mano – spiega come il negare diritti umani di donne, bambini e uomini che scappano da guerre, terrorismo, persecuzioni, cambiamenti climatici e violenze, generi anche insicurezza per gli stessi italiani.
Basta una leggera dose di malizia per poter affermare che, da una parte, si è cercato di demonizzare il lavoro delle Ong e di chi salva esseri umani nel Mediterraneo, trattando da criminali persone che in realtà andrebbero rispettate e stimate, e, dall’altro, si è voluto fare in modo che la figura del migrante fosse spinta “per legge” verso l’illegalità o comunque verso l’impossibilità di costruirsi un futuro, con l’obiettivo di aumentare tra gli italiani la già insensata percezione di insicurezza diffusa (secondo il Censis, negli ultimi 10 anni, i crimini sono in costante calo). Insomma: propaganda in mezzo al mare, caos sulla terra ferma. Alla faccia della sicurezza.
Libia, Di Maio: nuova missione navale Ue per attuare embargo armi
Con le attuali regole, migliaia di persone che si sono viste rigettare la richiesta di asilo e che non possono essere rimpatriate se non in violazione della legge, non godono di uno status legale che permetterebbe loro l’accesso ai servizi sanitari, sociali e abitativi, istruzione e lavoro. Di loro non si sa nulla, perché gli viene preclusa persino l’iscrizione anagrafica. Inoltre, l’abolizione della protezione umanitaria ha fatto sì che chi attualmente si trova in Italia con tale titolo ottenuto in precedenza, non ha più diritto a nessuna forma di accoglienza: niente tutele, esclusione sociale ed economica, ghettizzazione. Alla faccia della sicurezza (e due).
I tagli al sistema dell’accoglienza (i famosi 35 euro, ndr), hanno penalizzato soprattutto la cosiddetta accoglienza diffusa (ospitalità in singoli appartamenti in distinte unità immobiliari) e di qualità, ovvero quella con un impatto meno evidente per le comunità ospitanti e che offre più possibilità di integrazione per gli ospiti: stando alla miopia o alla malafede del legislatore, una somma di 21,35 euro dovrebbe bastare per l’affitto di una casa, per la luce, per il gas, per l’acqua, per i pasti, per i servizi di pulizia, per i beni di prima necessità, per l’assistenza sanitaria.
Zero gli euro previsti per l’assistenza psicologica e l’insegnamento della lingua italiana, fondamentali per l’inserimento nelle comunità. Più contenuti, al contrario, i tagli ai centri di accoglienza collettivi: 26,35 per strutture che accolgono sino a 50 utenti e 25,25 euro per strutture che accolgono da 51 a 300 richiedenti asilo. Cifre che mostrano plasticamente il disegno di chi ha voluto puntare a concentrare i migranti in grandi strutture ingestibili e foriere di insicurezza, smantellando ogni attività a misura d’uomo volta a rendere meno traumatico il rapporto tra comunità ospitanti e ospiti.
Con l’aumento pianificato per legge degli irregolari, aumentano anche i rischi di diffusione di malattie; è infatti più difficile, da parte dei servizi sanitari, intercettare le situazioni a rischio e garantire la necessaria assistenza. Alla faccia della sicurezza (e tre).
Per impedire ogni forma di integrazione, viene reso molto più difficile l’accesso alla cosiddetta “seconda accoglienza”, vietandola ai richiedenti protezione internazionale. “Una scelta politica – si legge nel rapporto di Amnesty – che ne impedisce l’accesso ai richiedenti asilo che vivono situazioni di particolare vulnerabilità (sanitaria, psicologica, psichiatrica, ecc.), aumentando la possibilità che essi restino nel sistema di ‘prima accoglienza’, il quale sempre più si dimostra non capace di gestire correttamente tale vulnerabilità.
In altri termini, la norma toglie un diritto a persone che prima ne erano titolari e potevano goderne mediante un percorso programmato e riconosciuto come virtuoso. Queste categorie vanno ad ampliare la platea di persone disagiate che troveranno nelle periferie cittadine i luoghi del loro sopravvivere e in attività lavorative occasionali e precarie l’unica possibilità di guadagno”. Alla faccia della sicurezza (e quattro)
Amnesty International, a poco più di un anno dall’approvazione di quelli che andrebbero chiamati “decreti insicurezza”, fotografa quello che a molti era apparso chiaro fin da subito: invece di puntare a risolvere le criticità derivanti dai flussi migratori, le norme volute da Matteo Salvini non fanno altro che aggravare i problemi. Sarebbe ora di abolirle. Senza indugi.