L’antica religione romana riteneva che i luoghi fossero protetti da un Genius Loci. Questo termine, svuotato dal suo significato religioso, può ancora raccontare perfettamente come ogni luogo, per innumerevoli ragioni, abbia caratteristiche proprie e uniche.
Quale sia la caratteristica specifica di Praga, storicamente tra le città più misteriose di tutta Europa, è difficile saperlo. Non è sempre chiaro quale sia l’elemento conduttore di vicende avvenute anche a secoli di distanza nello stesso luogo, se si tratti di semplice coincidenza o ci siano altri fattori di qualche genere, ma in questa epoca storica in cui si parla tanto di intelligenza artificiale, di macchine e di robot e di tutti i rischi che ne derivano per l’uomo, non possiamo non mettere la lente d’ingrandimento sulla capitale della Repubblica Ceca.
Già, perché è proprio a Praga che, a distanza di oltre tre secoli, trovano la luce due archetipi dei robot e dell’intelligenza artificiale dei giorni nostri. A Praga, infatti, è ambientata, alla fine del Cinquecento, la leggenda del Golem, ed è sempre a Praga che oltre tre secoli dopo lo scrittore Karel Capek usa per la prima volta nella storia parola “robot” col significato odierno.
I golem, creature che compaiono più volte nel folklore ebraico, sono giganti d’argilla privi d’intelletto ma dalla forza sovraumana. A Praga è ambientata la più nota tra le storie sui golem e la leggenda vuole siano stati realizzati dal rabbino Jehuda Low, figura realmente esistita tra Cinquecento e Seicento nonché uno dei massimi filosofi ebraici. Low li avrebbe creati dall’argilla per difendere la comunità ebraica locale con la loro forza incredibile, li “attivava” scrivendo sulla loro fronte la parola “emet”, “verità”, ma essi diventavano sempre più grandi e come tali dannosi, al punto che lo stesso rabbino dovette “spegnerli”, cancellando una lettera dalla loro fronte e trasformando la scritta in “met”, “morte”. Qualcosa di molto simile all’inserimento di comandi in qualsiasi prompt di intelligenza artificiale o chatbot.
Molto tempo dopo, nel 1920, sempre a Praga, che Karel Capek pubblica la sua opera “R.U.R. – I robot universali di Rossum” in cui decide di usare, per definire gli umanoidi replicanti impiegati come operai che lasciano così gli uomini liberi dal lavoro, la parola “robot”, termine suggerito dal fratello Josef che in ceco significa “lavoro pesante” e si rivelerà particolarmente fortunato.
Sia il Golem sia i robot sono creati da uomini, entrambi devono proteggere o sostituire il lavoro umano, ma entrambi sfuggono di mano ai loro creatori. Il rabbino Low conosce la formula per fermare le sue creature quando rischiano di farsi incontrollabili, ed evita di perdere definitivamente il controllo della situazione, mentre nel caso dei robot di Capek l’uomo non conosce la formula per spegnerli, e ne paga le conseguenze. Se queste due storie di Praga devono insegnarci qualcosa sull’intelligenza artificiale, partiamo da qui.