Coronavirus, Zingaretti positivo ci farà capire che l’epidemia è gestibile
Forse il “caso Zingaretti” non è l’ultimo punto della caduta, ma il primo passo con cui usciremo dal tunnel del Coronavirus. Pensateci anche solo per un attimo: il “primo malato d’Italia”, almeno finché non succede nulla – tocchiamo ferro – a Giuseppe Conte e a Sergio Mattarella, diventa immediatamente un reality mediatico. E infatti sono già partiti i tam tam da Corona bar: come era nel video? Avete notato differenze? Sorrideva? Ha detto che ha la febbre o solo che ce l’ha anche lui?
Ma questo è anche il più importante dei decorsi che ci sia capitato: se guarisce lui, guariremo tutti, almeno in potenza. Perché potrebbe essere proprio la storia di un simbolo del potere, la sua “passione”di malato, l’unico modo per spiegare al Paese quello fino ad oggi che non siamo ancora riusciti a capire, compressi fra notiziari angoscianti e reportage negli ospedali. Contrarre il virus non significa necessariamente ammalarsi, ammalarsi – a parte il 2,5 per cento dei casi – significa quasi sempre guarire.
Zingaretti è un 55enne, non è nelle casistiche dei potenziali malati a rischio, starà in quarantena cautelativa come tanti, prosciugherà una montagna di gigabyte, ma alla fine guarirà, e quando questo accadrà, mediaticamente, il coronavirus diventerà nel nostro immaginario una malattia da cui si guarisce, non la nuova peste del terzo millennio. Prendetelo come un segno, o come un test, e anche come una prova generale della teledemocrazia. Oppure – più semplicemente – come una telenovela, però di quelle che hanno un lieto fine edificante.
Ps.
Ovviamente, se finisce così, sono pronto a scommettere che Zinga farà il pieno di simpatie, e forse crescerà anche di consensi nel nuovo enorme contenitore elettorale che si è aperto: il popolo della zona rossa.
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