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    Le Ong in prima linea contro il Coronavirus smontano anni di becera propaganda

    Di Fabio Salamida
    Pubblicato il 23 Mar. 2020 alle 08:55 Aggiornato il 23 Mar. 2020 alle 08:55

    “Dove sono le ONG che salvano i migranti in mare ora che gli italiani hanno bisogno di aiuto?”. È la domanda pretestuosa e forse anche un po’ sciocca che ormai da giorni molti leoni da tastiera e persino qualche noto giornalista affidano alla giungla dei social network. Una domanda a cui potrebbero tranquillamente rispondere i presidenti delle regioni più colpite dal Coronavirus che ormai da settimane con le Ong stanno lavorando fianco a fianco, a cominciare dai leghisti Luca Zaia e Attilio Fontana, il primo che ne aveva chiesto l’aiuto suscitando non poco stupore. 

    Dove sono, dunque, le ONG?

    Iniziamo da Medici Senza Frontiere, che sta offrendo il suo supporto negli ospedali di Lodi e Codogno, dove ha inviato infermieri e personale specializzato impegnato in attività di contenimento alla trasmissione del virus e di protezione del personale sanitario. L’organizzazione sta inoltre offrendo assistenza domiciliare ai pazienti positivi al Covid-19 che non hanno bisogno di ricovero. I parametri di questi ultimi vengono misurati con un braccialetto elettronico che permette al medico di famiglia di intervenire in caso di necessità, un sistema già applicato da MSF durante le epidemie di Ebola.

    Actionaid ha invece schierato decine di attivisti su tutto il territorio nazionale impegnati sulla piattaforma comunitaria di civic hacking “Covid19Italia Helpin cui vengono condivise informazioni verificate sull’epidemia e si organizzano raccolte fondi.  A Cremona, la statunitense Samaritan’s Purse, ha aperto da due giorni un ospedale da campo situato al di fuori della struttura ospedaliera cittadina. 

    Hope Onlus, organizzazione non profit milanese che dal 2006 opera nei territori di guerra di Siria, Libano, Palestina e Israele, costruendo reparti ospedalieri, ambulatori di emergenza e donando attrezzature sanitarie e medicinali, ha donato al Policlinico di Milano e all’Ospedale San Gerardo di Monza i macchinari per un totale di sette posti salvavita di terapia intensiva.

    E c’è ovviamente Emergency. La ONG di Gino Strada, come aveva annunciato sin da subito, ha messo a disposizione delle autorità sanitarie le competenze di gestione dei malati in caso di epidemie maturate in Sierra Leone nel 2014 e 2015 durante l’epidemia di Ebola. In tutti i suoi ambulatori sul territorio nazionale ha adottato un protocollo che permette di individuare pazienti con sintomi compatibili con il virus, di informarli e indirizzarli ai servizi competenti. Ha infine attivato – in collaborazione con il Comune di Milano – dei servizi per offrire assistenza a persone più a rischio (anziani e malati) consegnando loro pasti, alimentari, farmaci e beni di prima necessità. Sempre con l’amministrazione del capoluogo lombardo, sta lavorando alla prevenzione nelle strutture di accoglienza per persone senza fissa dimora e minori non accompagnati. 

    Ecco dove sono le “odiate” ONG: sono in prima linea, come sempre, ad aiutare chi soffre mettendo in campo tutti i mezzi possibili per alleviare le sofferenze, per curare chi sta male. Ci aiutano “a casa nostra”, una casa che è anche la loro, come lo sono tutte le case del mondo in cui ogni giorno fanno del bene al prossimo. 

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