Il Coronavirus e quel campanilismo inutile e rozzo tra Nord e Sud Italia
Da settimane, in tutto il mondo, sono evidenziate le qualità che gli italiani sanno tirare fuori nei momenti più duri e complessi: solidarietà, generosità, forza, coraggio, abnegazione, altruismo e molto altro. Ognuno, in questi giorni difficili e inattesi, le ha profuse incessantemente, da Nord a Sud e viceversa, in uno scambio naturale di collaborazione e aiuto, per sconfiggere tutti insieme un drago temibile e invisibile. Tutto il mondo ci ha osservato e apprezzato, commuovendosi e facendo il tifo per noi, per l’Italia, quel pezzo di mondo che racchiude tra bellezze paesaggistiche e culturali, tra storia e patrimonio, alcuni dei più grandi tesori della Terra.
Un Paese in cui la varietà degli elementi, delle caratteristiche dei diversi territori e della natura, è tanta e tale da richiamare milioni di turisti da ogni continente. L’Italia amata, oltre le invidie e i suoi difetti, nel dolore ha conquistato tutti. La singolarità di borghi, centri storici e città fantastiche, isole splendide; l’incanto di angoli meravigliosi, oasi e parchi naturali sconvolgenti, siti archeologici dal valore inestimabile, laghi e monti circondati da un’infinità di mare; capolavori d’arte e civiltà, da sempre fanno del nostro Paese il pezzettino del pianeta più bello, affascinante e pure climaticamente invidiabile.
Se l’Italia non si conoscesse, non si potrebbe certamente immaginare; va visitata in lungo e largo, perché ogni luogo ha qualcosa di indimenticabile e speciale. Chi la guarda dall’estero, l’ammira tutta intera, perché la grande bellezza è nel suo insieme, a cominciare da quella forma che apre all’empatia istintiva, fino alle migliaia e migliaia di cartoline uniche e spettacolari di ogni suo punto. Cultura, storia, tradizioni, ingegno e molto altro, ci rendono inequivocabilmente noi; quegli italiani che, prima di ogni altro, hanno dovuto fare i conti con un virus che ha fermato il tempo e ha portato lutti. In tanti, negli altri Paesi, si sono ricreduti sui tanti stereotipi e hanno decantato a lungo valori e pregi del nostro Paese e della sua gente, in questi mesi orgoglio e modello per chiunque. Eppure, ancora una volta proprio dentro casa, c’è chi per vanagloria personale, interessi di bottega, campanilismi rozzi e primitivi, con supponenza e arroganza, è riuscito a ferire l’unità innanzitutto umana di questa Italia che, proprio nella sua capacità di essere unica, trova grandezza e forza.
Il provincialismo più becero e insensato, ancora una volta, è stato capace di sfociare in forme di razzismo tra città e regioni, medici milanesi e napoletani, ricercatori e strutture ospedaliere, finanche verso studenti del Sud, ragazzi che studiano al Nord diventando protagonisti di storie di successo che appartengono a un’unica bandiera. L’ottusità più sciocca, quella che alberga ovunque, è arrivata a gioire e rinfacciare numeri di contagi e morti, presunte superiorità di razza per operosità e reddito. Uomini banconota si sono fatti sopraffare dal loro vero virus a base di euro e dollari, sfoderando conti da oste, peraltro impossibili, che punterebbero a pesare pezzi d’Italia su un’improbabile bilancia di utilità, moneta e importanza.
Sarà l’eccesso di talk show e social, con alcuni opinionisti esperti di banalità e strilli, giornalisti giunti alla fine della carriera e, innanzitutto, della lucidità e del buon senso, pseudo politici interessati al loro piccolo tornaconto, vecchi e nuovi profeti senza profezie, con idee e proclami cambiati alla bisogna, ma la confusione e la misera “italietta” hanno preso il sopravvento. Così, diminuiti contagio, ricoverati e morti, sono aumentate le accuse verso questo e quello. Il virus dello scarica barile ha iniziato a diffondersi, finendo per cavalcare perfino il tema del campanilismo più inutile e illogico, riaprendo la piaga, evidentemente mai sanata, della divisione tra Nord e Sud, tra “la parte che produce e il Sud vagabondo e zavorra”.
La battaglia tanto agognata da leghisti di ieri e di oggi per una Padania libera e indipendente, messa a tacere dal nuovo corso interessato alla quantità di voti e poteri, è ripartita in modo ancora più immotivato, offensivo e incomprensibile. In poche ore, per distrarre da responsabilità su diffusione del contagio e morti assurde, da strane speculazioni perfino sulle case di riposo e anziani, ci si è tuffati a capofitto in un tema molto caro a certi: l’antimeridionalismo mai spento.
Una bega inqualificabile, in un momento in cui essere uniti significa sopravvivenza per gli italiani e per tutto ciò che è italianità nel mondo, è tornata tristemente in auge. Medici che si smentiscono pubblicamente, offendendosi come tirocinanti alle prime armi, anche in nome della presunta superiorità della città da cui provengono; politici e giornalisti padani che offendono gratuitamente il Sud, senza che almeno questa volta ce ne sia uno specifico motivo o bisogno, sono riusciti a gettare il fango di una sciocca disputa ultras sul prezioso e bello che ha unito la stragrande maggioranza.
In questa contesa di una supremazia morale e umana inesistente, questi signori offendono tanta gente straordinaria e onesta: volontari, medici, infermieri, forze dell’ordine, vigili del fuoco, uomini semplici che si sono spostati da una parte all’altra del Paese, rischiando la vita e lasciando affetti; tutti gli italiani che hanno dato aiuti e beneficenza, magari piccoli risparmi, senza badare a quale latitudine arrivassero; tutti i morti che, chi più chi meno, hanno pianto in ogni parte.
Se il virus è attecchito in un luogo più che altrove per responsabilità di alcuni, forse, non lo sapremo mai. Se anche una pandemia è stata occasione di sprechi, speculazioni, ruberie, anche a danno di vite di innocenti, lo diranno la scienza e, soprattutto, le indagini. Gli italiani, quelli consapevoli di vivere in un Paese pieno di qualità e talenti, spesso vilipesi nella loro dignità e nei loro sacrifici da una politica disinteressata ai loro bisogni, resteranno per sempre uniti nelle facce sudate e ferite di questi giorni, nel dolore di figli e parenti, nei colori di un cielo che, finalmente, sta tornando più che mai italianamente azzurro, da Lampedusa alle Alpi.
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