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    Conte si liberi di Grillo e dia vita a una strada progressista (di M. Tarantino)

    Di Maurizio Tarantino
    Pubblicato il 30 Giu. 2022 alle 14:29

    Sono ore di forte fibrillazione nei pressi di palazzo Chigi. Difficilmente nei momenti democratici della vita del Paese si è assistito a un Presidente del Consiglio che chiede al capo/garante/fondatore di un partito di rimuovere il leader dello stesso, perché gli crea problemi in Parlamento. Qualche giorno fa scrivevo di come Mario Draghi abbia perseguito con successo il disegno, che a questo punto immaginiamo avesse elaborato da tempo, di distruggere e rendere inoffensivo il Movimento Cinque Stelle.

    Un disegno che supponiamo vada oltre la semplice intenzione personale del Presidente e che coinvolge diverse fasce di influenza nel Paese. Consessi d’interesse, comunemente conosciute come lobby, che in questi anni si sono viste minacciate da un Movimento rude, populista, finanche ignorante, che ha portato in Parlamento centinaia di non professionisti della politica, molti di questi giovani, tutti determinati a creare – almeno nelle intenzioni – una piccola rivoluzione nelle Paese e soprattuto nelle istituzioni.

    L’emblema del Movimento Cinque Stelle si è trasformato negli anni, trasferendosi da Grillo alla coppia di Maio a Di Battista fino a Giuseppe Conte, l’avvocato del popolo. Oggi Conte è il M5S e questo non piace a molti. Ieri l’ex Presidente del Consiglio ha dichiarato di essere vittima di attacchi quotidiani. Da mesi Conte è attaccato da diverse testate giornalistiche in maniera cosciente e metodica, quasi strategica. Opinionisti ed editorialisti che logorano i fianchi del leader nell’intento di fiaccare definitivamente il M5S e con esso quell’idea anti-sistema che ancora sopravvive all’interno di quel partito e che ancora evidentemente fa molto paura. Ma la cosa non si ferma alla macchina del fango mediatica; arriva nel Palazzo con l’operazione di Maio fino a coinvolgere lo stesso Beppe Grillo. A quanto pare il primo ministro Mario Draghi non solo ha incentivato la scissione dei 5 Stelle che di Maio ha messo in atto con una separazione che si è portata dietro un grande numero di parlamentari, ma addirittura ha parlato telefonicamente con Grillo chiedendo di estromettere Conte. Un passaggio – che se fosse confermato – sarebbe di una gravità enorme e che prefigurerebbe comportamenti antidemocratici e ingerenze ascrivibili a dinamiche che non hanno precedenti in Italia. Aldilà di Draghi che solo in tarda serata ha smentito tramite la sua portavoce la notizia resa nota dal Fatto Quotidiano per testimonianza diretta del sociologo Masi, il problema nella figura di un Beppe Grillo, garante del Movimento, che non ha denunciato la cosa e anzi – pur non attaccando Conte (per ora) – dichiara fedeltà del movimento al Governo.

    Un comportamento ambiguo che notiamo anche dai movimenti fisici dei protagonisti. Dopo la telefonata con Conte, Draghi prende l’aereo da Madrid per rientrare in Italia, nonostante il vertice importantissimo a cui stava partecipando. Allo stesso modo Beppe Grillo va via in anticipo da Roma, dove era andato proprio per affrontare la situazione interna ai 5S.

    È ormai palese che la situazione nel Movimento 5 Stelle sia del tutto insanabile, sembra chiaro come sia stato scatenato un pantano che punta a azzerare il consenso sul Movimento col fine di ottenere un ulteriore calo di consensi, partito da una sempre più strutturata disgregazione interna fatta di litigi infiniti e divisioni. La polemica tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte è scatenata in un momento deflagrante per il Movimento e forse, a questo punto, ad abbandonare il Movimento 5 Stelle dovrebbe essere proprio Beppe Grillo, essendo venute meno le condizioni del suo ruolo di garanzia.

    Questo difficilmente sarà possibile. Quello che invece potrebbe accadere è uno scenario in cui Giuseppe Conte con una parte importante del Movimento – in una feeling politico con l’ala sinistra del Partito Democratico, con Art1 e Sinistra Italiana – faccia un’operazione di chiaro stampo progressista. Parliamo di in consesso che oggi sta promuovendo in viso allo stesso Draghi, lo Ius scolae e la legalizzazione della cannabis in maniera non pianificata né annunciata prima. Esiste poi un movimento pacifista non insensibile alla maggioranza degli italiani che sono contro l’invio delle armi a Kiev, che è da tempo silente e sofferente in Parlamento e che va oltre i soli 5S con radici ben salde nella Sinistra.

    Esiste soprattutto fuori dal Parlamento una percentuale molto significativa di elettorato nitida e chiara che si sta ponendo molte domande senza ricevere risposta alcuna, in un periodo di inflazione al 9%, siccità e razionamento d’acqua per danni ambientali, crisi energetica del comparto produttivo destano molta preoccupazione in tutte le fasce della popolazione. È un’ampia fascia di elettorato, orfana sia della sinistra che ha abbandonato le fasce popolari ormai decenni fa (e proprio oggi Prodi ricorda l’importanza di parlare a queste fasce), sia del sovranismo populista di stampo salviniano da cui è rimasto deluso.

    È il momento di osare questo? È il momento di cercare nuove soluzioni lavorando per un altro mondo possibile oltre a quello del mero consumo, votato ai disastri ambientali, alle escalation militari del neo-atlantismo, e alla contrapposizione economico/commerciale tra oriente e occidente. Tutto ciò oggi è trainato da un governare di stampo moderato quanto reazionario, in tutte le cancellerie d’Europa. Forse Giuseppe Conte dovrebbe ambire a scrivere il nuovo programma dell’Italia, senza farsi remore a mollare il governo e, se serve, lo stesso Movimento 5S. Forse è il caso di portare avanti una battaglia progressista, perché oggi ormai non esiste una rappresentanza delle fasce popolari in Italia, se non quella discutibile e reazionaria della Meloni. Di questa “alternativa progressista” Giuseppe Conte potrebbe essere l’emblema, in quanto nemico pubblico del potere costituito, dalle lobby che hanno deciso di gestire i fondi del PNRR, del nuovo patto sul neo atlantismo che prefigura una escalation militare catastrofica. Se la politica ha ancora un minimo di schiena dritta, Giuseppe Conte ha tutti i numeri per poterla rappresentare anche senza il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo.

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