Ho provato a immaginare una realtà parallela in cui la coppia Concita De Gregorio/David Parenzo alla conduzione di In Onda sia la stessa, ma a sessi invertiti. David è una donna, Concita un uomo. Ecco, non saremmo arrivati alla terza puntata senza le barricate delle femministe (me compresa) fuori dagli studi, visto non tanto l’evidente disequilibrio negli spazi concessi ai due nel programma (Parenzo parla meno della Lagerback da Fazio) ma per i modi con cui lei si rivolge a lui.
Sbrigativi, sprezzanti, conditi da sorrisini nervosi attraverso i quali mostra forzatamente i denti (che nel linguaggio non verbale significano una cosa ben precisa: ti vorrei addentare la giugulare) e con una frequente espressione che copre tutte le scale di colori comprese tra il disprezzo e il compatimento.
Davvero, se Concita De Gregorio fosse un uomo, non staremmo neppure più qui a parlarne. Avrebbe preso un unico, gigantesco cazziatone agli esordi e si sarebbe ravveduta. E invece ne parliamo perché ieri sera si è raggiunta la vetta più alta della sua arroganza.
Ospite il ministro Luigi Di Maio, lo stesso Di Maio ha respirato quell’imbarazzo che si respira a cena, di fronte a una coppia di amici con lui che tratta di merda la moglie o viceversa e tu balbetti qualcosa per sdrammatizzare, ma vorresti infilare la testa nell’insalatiera per l’imbarazzo.
Tra l’altro, duole dirlo, ma modi a parte, sul tema virus e Green Pass la De Gregorio era di un’impreparazione tale che Parenzo e Di Maio al confronto parevano Fauci e Burioni. A partire dalla sua sconcertante premessa, ovvero: “Il Green Pass da solo non serve a niente, è solo una certificazione che significa che sei tamponato o vaccinato per entrare nei posti”. Che voglio dire, certo che da solo non serve a niente, infatti non è l’unica misura di contenimento del paese. E no, non è “solo una certificazione”, ma, appunto, una misura di contenimento del virus e di protezione per i cittadini.
A quel punto il ministro Di Maio spiega con chiarezza che “il Green Pass serve a entrare nei locali, luoghi insomma in cui c’è la più alta probabilità di trasmettere il virus. Non sarà certo meglio tornare al coprifuoco…”.
La De Gregorio scatta come se Di Maio avesse urlato “sieg heil!” in piedi sulla scrivania. E lo interrompe con una supercazzola devastante, avvitandosi su se stessa come spesso le succede: “Il Green Pass è uno strumento di controllo, non di cura! Il vaccino cura o comunque previene cioè “cura” è inesatto, diciamo che PREVIENE DALLA malattia, mentre il Green Pass controlla se ti sei vaccinato. Quindi il governo si deve prendere la responsabilità eventuale”.
In pratica, a un anno e mezzo dalla pandemia, la De Gregorio non ha ancora capito le basi dell’epidemiologia, e questo sarebbe pure un peccato grave ma accettabile, ma su quelle dell’educazione ero convinta andasse più forte. E invece riesce pure a rimproverare gli altri interlocutori del problema che la affligge in quel momento: la confusione.
“Introducendo il Green Pass abbassiamo la curva dei contagi!”, dice Di Maio, provando a semplificare il concetto. E lei, nervosa: “No, non è che abbassiamo la curva, col Green Pass non facciamo entrare le persone non vaccinate e tamponate, è questa la questione sennò facciamo confusione!”.
In pratica, secondo la conduttrice, il Green Pass è una specie di tessera magnetica dell’hotel, serve solo a entrare in camera. Probabilmente lei accede ai tavolini al chiuso nei bar con la scheda della camera 107 dell’Hilton. Non ha capito quello che hanno capito anche i lampioni: se nei luoghi al chiuso entrano solo persone o vaccinate (quindi protette e meno contagiose se infette) o tamponate (quindi probabilmente non infette e in contatto con persone che se infette contagiano meno gli altri, perché vaccinate) il virus si contiene di più. E i primi ad essere protetti dal Green Pass sono proprio i non vaccinati. Che non sono discriminati, ma tutelati.
Parenzo, che ha capito, aggiunge incauto: “Non voglio dar ragione a Di Maio, ma il Green Pass è incentivante!”. Ha dato ragione a un grillino. A UN GRILLINO. Lei mostra le gengive fingendo di sorridere e lì si capisce che butta male, tipo il gatto quando muove la coda. Sono segnali della natura che non si possono ignorare.
E insiste, improvvisandosi portavoce “delle persone” che non si sa chi siano, se quelle che incontra lei al bar o quelle che al casello autostradale pagano contanti, boh: “Le persone non vogliono il Green Pass perché il Green Pass stabilisce che ci sia una differenza tra vaccinati e non vaccinati!”.
Parenzo prova a proferire parola e lei: “Non sto parlando con te, sto parlando con LUI!”. Cioè, Parenzo non è un suo interlocutore titolato ad intervenire e il ministro è un “Lui generico”. Una specie di schwa, ma un po’ meno.
L’invasione della Polonia è stato un momento di maggiore modestia, nella storia. Mentre Di Maio assiste allibito alla tensione tra i due conduttori, lei va avanti: “Molta gente dice ‘se ci dobbiamo vaccinare vi dovete prendere voi la responsabilità, perché io devo firmare? Dovete imporre voi l’obbligo’, oggi una signora mi ha scritto questo!”.
Persone, gente, una signora. Deve essere la nuova sinistra che vuole dimostrare di ascoltare la gente. Ma soprattutto la nuova sinistra che non ha mai sentito parlare di “consenso informato” in tema di sanità. Un concetto nuovo, inedito, per la conduttrice.
Di Maio dice un altro paio di cose insolitamente lucide e Parenzo, che ormai ha deciso di morire come quei delfini che si spiaggiano da soli e non sai perché, sussurra: “Io non sono d’accordo con Concita!”.
I denti. Le gengive. “IO faccio un mestiere che è quello del giornalista e il giornalista fa domande!”, sibila lei.
IO. Come a dire “tu invece sei un metalmeccanico” e “tu invece annuisci e basta”. Il problema è che le sue non erano quasi mai domande, ma affermazioni. Dovrebbe rivedersi la puntata, la De Gregorio, e scoprirebbe che oltre all’assenza di educazione, di equilibrio, di preparazione, ieri c’era anche quella dei punti interrogativi. I grandi latitanti, nella sua vita televisiva. E non solo.