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    I concerti in spiaggia di Jovanotti sono un pericolo per l’ambiente: ecco perché vanno impediti (di S. Giannini)

    Lorenzo Jovanotti. Credit: Ansa

    Jovanotti si considera ambientalista ma tra gli sponsor del suo Jova Beach Party c'è anche un'azienda di allevamenti intensivi

    Di Sabrina Giannini
    Pubblicato il 15 Lug. 2022 alle 14:02 Aggiornato il 15 Lug. 2022 alle 14:02

    Caro Lorenzo,

    più approfondisco i profili di questa tua idea di occupare habitat naturali per i concerti e più mi sono chiari i profili e la pericolosità di questa operazione.

    Ho quattro puntate da preparare per settembre (prima serata su Rai 3), sono molto impegnata, e non avrei voluto distrazioni al mio impegno. Ma trovo pericolosa questa moda green perché così non cambierà niente, Jovanotti. Penso ai giovani, penso anche a tua figlia che si troverà un mondo devastato, 200 milioni di profughi africani che si sposteranno tra trent’anni verso Nord a causa della siccità, e l’Italia, Lorenzo, ha già superato quel grado e mezzo della temperatura che non andrebbe superata. Lo sapevi? Chiediti perché un troncone del ghiacciaio della Marmolada è crollato. Chiediti anche se il tuo sponsor Fileni acquista, come la gran parte degli allevatori intensivi italiani, i mangimi che provengono anche dal Brasile.

    È dimostrato che l’Europa e l’Italia sono i principali importatori di soia e mais dal Brasile e che l’alimentazione industriale, quindi anche l’allevamento che consuma più suolo e acqua, sono il principale driver della perdita di biodiversità. Questa è scienza e forse il Wwf dovrebbe imbarazzarsi ad associare il proprio nome al Jova Beach, anche per la contiguità con certi sponsor. Hai dichiarato di essere vegetariano, e la coerenza non è una virtù di tutti, ma è anche vero che si vendono cotolette di pollo negli stand del Jova Beach e poco importa la certificazione, conta che un marchio vende sé stesso. Fileni poi ha soltanto una parte di biologico ed è minoritaria.

    Vedo annaspare i quotidiani nazionali, Corriere e Repubblica, che descrivono il Jova Beach verde e il tuo popolo come “green”. Corriere della Sera: “Jovanotti e il tour ecologista: Jovanotti, così puliremo 20 milioni di metri cubi di spiaggia”, immagino quelle che prima sporcate. Repubblica (sezione Green&Blu nientemeno): “Jova Beach: tra musica e tartarughe quante emozioni, si balla per l’ambiente”. Uno sforzo immane per dimenticare le spianate delle dune, habitat naturali, dei tour precedenti? Quelli che tu hai definito “rompicoglioni” non dimenticano, Lorenzo.

    Per esempio, che a Rimini una coppia di fratino, specie di uccello che nidifica sulle spiagge, era sfortunatamente dove doveva trovare spazio il tuo concerto e quindi è sparito (e fare lo spirito con Fiorello in radio non lo riporta indietro). Che importa una coppia di fratino anche se è classificato Iucn “in pericolo di estinzione”?  Ne sono rimasti pochissimi, sono indicatori ambientali.

    Oppure vogliamo ricordare i 65 metri di tamerici (arse e salmastre di dannunziana memoria) tagliate a Marina di Ravenna che, secondo il sindaco, erano alloctone quindi invasive ma se n’è accorto dopo 60 anni e stranamente era anche in quel caso l’area del tuo concerto. Negli alberi nidificano gli uccelli, proprio quando arrivi tu sulle spiagge con i tuoi decibel sparati a ridosso di parchi, a 75 metri dalla riserva di Marina di Ravenna per esempio. Ma sarà così a Viareggio, vicino al parco delicato di San Rossore. Forse li scegli apposta, forse. Perché sei green evidentemente.

    In fondo sei stato tu (cito il quotidiano nazionale che descrive i tuoi fan il “popolo green”, vabbé) a dire «cerchiamo di rispettare l’ambiente, la spiaggia è un ambiente fragile. Capisco anche quelli che rompono i coglioni…». Evidentemente i tuoi sponsor si sono tinti di green considerandoti ambientalista, ma non notano la dissociazione in questa frase dove consideri fragile un habitat che fai invadere da migliaia di persone. Lorenzo, non sottovalutare come ha fatto la tua pierre Dalia Gaber chi in una puntata può raggiungere un milione di persone, più di quelle che incontrerai tu in tutti i tuoi concerti.  Ho realizzato molte inchieste che sono la storia di Report, e qualcosa sono riuscita a cambiare in 27 anni.

    Conosco il potere mediatico e cerco di usarlo a fin di bene, io. Per questo ho deciso, sei anni fa, di occuparmi della sfida dell’umanità. L’unica che può salvarla: l’ambiente e la sua tutela. Non per me, Lorenzo, che ho la tua età, ma per chi verrà dopo di noi. Ora puoi capire perché non sopporto la banalizzazione di questo tema, e che diventi strumento per colorare di green tutto. Citando Tomasi di Lampedusa, «Tutto cambia perché nulla cambi». Questo è il pericolo.

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