Tre anni fa, Sara Wahedi, lanciò Ehtesaab (letteralmente “responsabilità” in lingua farsi), un’app che avvisa gli afghani di esplosioni e attacchi avvenuti a Kabul. Quando i talebani sono entrati in città, l’azienda ha chiuso la propria sede ma ha continuato a divulgare informazioni. Dopo i due attacchi all’aeroporto di Kabul dello scorso agosto, l’applicazione ha informato subito gli utenti di quanto successo.
«In passato i nostri messaggi consistevano principalmente in avvisi di sicurezza. Ora la gamma è molto più estesa e comprende omicidi, rapimenti, aggressioni», spiega Wahedi. «Offriamo informazioni anche su possibili interruzioni dell’elettricità, sul traffico, su cambiamenti nei servizi urbani e aumenti di prezzo dei beni essenziali». L’applicazione raccoglie i dati in crowd-sourcing.
La squadra di Ehtesaab cerca sui social, sui siti delle ambasciate e delle principali agenzie di informazione. I dati raccolti con questo sistema richiedono una conferma da due o tre fonti prima che l’app possa condividerli con i propri utenti. Ma ora Wahedi deve affrontare una serie di sfide perché la sua applicazione sopravviva. «La situazione incerta della sicurezza rende difficile alla nostra squadra verificare tempestivamente i dati e di conseguenza a Ehtesaab abbiamo registrato una diminuzione del 50 per cento sia della velocità di accertamento delle informazioni raccolte, sia del numero degli avvisi pubblicati, perché vogliamo essere sicuri che le notizie siano completamente affidabili».
Nonostante gli ostacoli, il numero degli utenti è aumentato. «Siamo incredibilmente grati ai fuoriusciti afghani e ai nostri sostenitori occidentali per il contributo fornito a Ehtesaab e per averne parlato con i propri familiari e amici a Kabul», aggiunge Wahedi. «Stiamo anche cercando di ricominciare a commercializzare l’applicazione in tutta la città, facendo molta attenzione a non mettere in pericolo la nostra squadra».
Wahedi prevede che Ehtesaab diventerà la principale piattaforma su cui gli afghani e gli attori stranieri si informeranno riguardo i problemi delle maggiori città del Paese, sia per la loro gravità che per ricorrenza e posizione geografica. «Alla fine saremo la piattaforma che gli afghani potranno utilizzare in sicurezza per segnalare violazioni dei diritti umani, di genere, sanitari e del diritto all’istruzione».
Sul futuro sotto il regime talebano, Wahedi si esprime chiaramente: «La tecnologia non conosce limiti e non ha importanza chi è al potere, prevarrà». «Gli esuli afghani, specialmente quelli che lavorano nel settore tecnologico, stanno trovando soluzioni sempre più creative per raggiungere i connazionali rimasti nel Paese», osserva. «Sarà un viaggio difficile, ma il risultato vale ogni ostacolo».
Continua a leggere sul settimanale The Post Internazionale-TPI: clicca qui.