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    Salvini, Meloni e Berlusconi: la solitudine degli aspiranti primi (di M. Romano)

    Di Massimo Romano
    Pubblicato il 7 Mag. 2020 alle 11:53

    Anche il Centrodestra sta combattendo la sua battaglia. Ma è tutta interna. Dopo anni di critiche allo sfaldamento del PD, il terreno di scontro si sposta all’interno dell’opposizione stessa. E’ partita la corsa al voto e al consenso tra Salvini, Meloni e Berlusconi.

    La personalizzazione della comunicazione su Facebook

    Tra i primi cinque politici italiani che nello scorso anno hanno investito maggiormente su Facebook per sponsorizzare i post delle loro pagine ufficiali, ci sono proprio i tre leader del Centrodestra (Dati Libreria Inserzioni Facebook). A fare loro compagnia, i protagonisti di un’altra battaglia, quella tra Matteo Renzi (che ha investito molto per lanciare Italia Viva) e Carlo Calenda (che sta cercando di far crescere Azione): una battaglia che si gioca sul filo del 2 per cento dei consensi. Gli oltre 250mila euro che Matteo Salvini ha speso in un anno su Facebook lo rendono leader di questa classifica. Tutti soldi investiti su post personali. La Lega, come partito, ha speso solo 800 euro in un anno di sponsorizzazioni.

    Con un buon distacco, seguono gli “alleati” del “Capitano”. Silvio Berlusconi ha speso circa 90mila euro sulla sua persona e 44mila su Forza Italia, mentre Giorgia Meloni si è fermata a 42mila euro sul suo profilo e poco meno (40mila) sulla pagina di Fratelli d’Italia. Una strategia chiara, quella del Centrodestra, improntata alla comunicazione personalistica e alla forza dei propri leader. In netto contrasto con la spinta anti-individualista delle forze di Governo. Partito Democratico (152mila euro) e Movimento 5 Stelle (50mila euro), infatti, sono i due partiti che hanno speso di più sui profili Facebook dei propri partiti e meno sui propri leader (nessun investimento su Vito Crimi e Luigi di Maio e solo 1.400 euro su Nicola Zingaretti).

    (L’articolo segue dopo l’infografica)

    Salvini-Meloni: followers, critiche e sgambetti

    Il ring più agguerrito è quello che vede ai due angoli il Leader del Carroccio e la Presidentessa di Fratelli d’Italia. Il primo round si gioca sui social media. Nonostante il primo parta da favorito, con un numero di followers che quasi triplica quelli della sua avversaria, e il doppio dei post prodotti settimanalmente, la Meloni registra tassi di engagement e di interazioni decisamente più alti. Lo scontro si sposta, poi, sulle iniziative personali. Salvini annuncia di voler scendere in piazza per protesta. La Meloni non lo segue, ma poi decide di manifestare davanti a Palazzo Chigi. Interviene il “Capitano”, dicendo che non si risolvono i problemi andando a manifestare in piazza. E rilancia: “Occupiamo il Parlamento!”. Scelta, di rimbalzo, criticata da Fratelli d’Italia.

    E intanto si sposta l’asse dei consensi. Confrontandoli con il risultato delle elezioni europee di un anno fa (Lega al 34 per cento, FdI al 6,4 per cento), le proiezioni odierne danno un regresso del Carroccio di almeno 8-10 punti e un avanzamento della Meloni di 6-7 punti. Secondo gli ultimi sondaggi Ixé la Lega è ancora in calo al 24,9 per cento, mentre Fratelli d’Italia si attesta 13,6 per cento. L’aggancio tra i due dimostra che sono vasi comunicanti.

    Salvini – Dalle felpe a tema agli occhiali da intellettuale

    La strategia del Leader della Lega ha sempre puntato sull’immagine mutevole e adattabile alla circostanza. In Emilia-Romagna abbandonò le felpe con i nomi di regioni e città (l’idea della politica “tra le gente”), per indossare i dolcevita e strizzare l’occhio a un elettorato di sinistra. In era di Coronavirus, prima l’abito “chirurgico”, ora gli occhiali da “esperto”. Per la Fase 2, invece, torna l’abito istituzionale: giacca e cravatta che piacciono agli imprenditori.

    Aveva fatto scuola Umberto Bossi, con tute e fazzoletti al collo per attingere al voto operaio. Ma i tempi erano diversi e i cambiamenti, molti meno. Il cambio continuo di immagine non paga. Come il cambiamento di opinioni sulla riapertura (sono diventati meme i suoi “riapriamo, chiudiamo tutto, riapriamo…). E la scelta delle tematiche. Salvini si scaglia sulla sanatoria per i migranti. Propone lo stralcio per 8 milioni di cartelle esattoriali, vuole chiedere i danni alla Cina, auspica che la polizia torni a dare la caccia ai ladri, vuole tenere aperte le chiese a Pasqua e recita l’eterno riposo dalla D’Urso.

    Berlusconi – Il cauto distanziamento del Cavaliere

    Tra i due litiganti il terzo gode? E’ ancora un mistero, ma il Cavaliere non si lascia scappare l’occasione. Si smarca dalle polemiche interne e si distanzia da quel “sovranismo” che in questa fase preoccupa l’elettorato: “I sovranisti in alcuni Paesi hanno reso più difficile per l’Europa muoversi in tempo, danneggiando proprio gli Stati più bisognosi d’aiuto come l’Italia”. Crede in un Governo di unità nazionale e lancia la bomba prendendo una posizione autonoma sul Mes.

    Meloni – Giorgia contro tutti

    Forte dell’aumento dei consensi e del suo gradimento sui social, la Meloni decide di adottare una linea aggressiva. Si scaglia prima contro l’Europa e la Germania, poi contro le banche. Attacca il Premier Giuseppe Conte e il Governo, con le loro scelte “inutili e tardive”. Accusa la Cina, responsabile di aver “creato il virus in laboratorio”, imitando la strategia di Trump. Contesta Vittorio Colao, “un manager che vive a Londra non può sapere cosa succede in Italia”. Non le manda a dire alla Ministra Lucia Azzolina: “Tutti giustamente la deridono”. Si schiera a favore delle imprese balneari, dei commercianti e del mondo del calcio, auspicando una ripresa del Campionato. E di fronte alla Camera usa la sua verve ironica: “Pensate come state messi se vi devo dare io lezioni di democrazia”.

    Tematiche deboli, poche proposte e manca l’area liberale

    Molti temi sono stati lasciati da parte in questi ultimi mesi. Ma non dobbiamo pensare che sia la fine del sovranismo. La ripartenza rimetterà in moto la macchina della propaganda. E le tematiche su cui darsi battaglia sono tante: l’Europa, il MES, la ripresa economica, il possibile ritorno della criminalità e del flusso migratorio.

    Il Centrodestra, però, ha sprecato un’occasione importante in questa fase di stallo e di anemia contenutistica. Ha affrontato tematiche deboli e cercato un nemico via via sempre nuovo. Ha strizzato l’occhio a cattolici e lavoratori, ma senza mai entrare nel vivo di proposte concrete e reali, lasciando a bocca asciutta una fetta importante dell’elettorato centrista e moderato: l’ala liberale. La Destra di oggi non sembra riuscire a rappresentare l’area moderata delle imprese, al momento senza guida. Quelle imprese a cui si chiede di guidare la ripresa economica del Paese e che da tempo hanno lanciato un disperato grido di aiuto, ancora inascoltato.

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