Mai, nella storia più recente, avevamo assistito a un così radicale ribaltamento della condizione di pace e prosperità che, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, ha dominato la scena mondiale.
Esistono decenni in cui non accade nulla di nulla; ed esistono giorni e settimane in cui accadono decenni. Siamo nel pieno della seconda fase.
Il presidente degli Stati Uniti d’America che si ritira dalla corsa per la Casa Bianca nel clou della campagna elettorale per il suo secondo mandato. L’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022. L’atroce attentato di Hamas contro Israele del 7 ottobre e l’altrettanto inqualificabile reiterata risposta di Netanyahu contro Gaza, la cui popolazione decimata soffre nel silenzio e nell’inazione generale da oltre dieci mesi. Le disuguaglianze che aumentano a dismisura. Fatti e fenomeni epocali di portata storica.
Val la pena allora riflettere su questi mutamenti per comprendere che siamo dinanzi a un nuovo capitolo della storia: l’inizio cioè di nuova fase geopolitica. Chiamatela Caos Landia o, se preferite, la rivincita degli studiosi e dei fautori della dottrina del realismo.
Un mondo anarchico non più armoniosamente (si fa per dire) regolato dall’ordine sovranazionale ma dal disordine globale. Dove tornano protagoniste la forza, il ricatto, gli eserciti e le testate nucleari, e non più la diplomazia.
La corsa matta e disperatissima al riarmo ne è una prova. Ma lo è anche il complessivo ritorno, da parte dei governanti, a curarsi dell’orto di casa propria, in primis, e il riemergere di pulsioni nazionaliste e sovraniste — al di là del risultato elettorale nei singoli Paesi.
Un’Unione europea azzoppata fa male al mondo. Il corso iniziato dalla Brexit segna una via di non ritorno. L’idea che l’Europa possa competere sullo scenario internazionale senza il più stretto alleato USA ne ridisegna le ambizioni e i confini geopolitici nel lungo termine.
La governance oggi a capo dell’Ue si trova nel mezzo di una guerra fredda (combattuta per procura) che vede negli Stati Uniti il più fervido conservatore dello status quo e nella Cina il più attivo promotore di un cambiamento.
Occorre ricordare che Russia, India, Turchia condividono lo stesso sentiment dei cinesi nel voler, se non rovesciare, quanto meno ridefinire il perimetro della supremazia USA nel mondo e del proverbiale doppio standard su cui l’America si è giocata gran parte della propria credibilità.
I cinesi, dal canto loro, godono di una fedina penale vergine e vedono nella fase che stiamo attraversando l’opportunità di un riscatto. Lo hanno provato a mostrare nel continente africano, intervenendo massicciamente a proprio piacimento, senza tuttavia imporre un modello socio-economico che implicasse defenestrare leader e capi di stato sostituendoli con personaggi a loro grati. Tenendo sotto il proprio ombrello la Russia, con cui flirtare si è reso necessario al fine di legittimare la propria aspirazione di contraltare agli USA nel mondo.
Sebbene sia affascinante improntare questa sfida nel solo solco del nuovo disordine globale geopolitico, a dettare legge sarà ancora una volta il sistema economico e sociale che ne emergerà e che plasmerà le nostre vite. Vale a dire: quelle ricette e quelle politiche (siano esse green-I.A.-cyber, eccetera) volte a sostenere l’asse portante del nuovo ordine mondiale di chi avrà la meglio in questa contesa, e che tenterà di influenzare, gioco forza, le aree geopolitiche di cruciale interesse.
Perché questa grande guerra per la supremazia globale possa sancire un vincitore bisognerà naturalmente attendere il risultato elettorale della Casa Bianca il prossimo novembre. O, alternativamente, la fine della guerra in Ucraina e quella a Gaza. Le due cose non sono mutualmente esclusive, ma chi determinerà l’inizio di una nuova era sarà anche chi deterrà il pallino della storia.
Sarebbe superfluo, ugualmente, non accorgersi delle profonde lacerazioni che sussistono oggigiorno nella società, a ogni latitudine del mondo.
A coloro che governeranno il mondo suggeriamo pertanto di tenere conto che la precarietà di questi giorni porta solo rabbia e sommovimenti continui. Non più divide et impera nel segno della povertà estrema e delle disuguaglianze, ma una società più equa e giusta, sarà la chiave per evitare che chi è più escluso si ponga domande e covi rancore.
Resta infine il tema più importante di tutti: quello del cambiamento climatico. L’estate rovente e le temperature folli, seguite da rovesciamenti bruschi e feroci inondazioni non più prevedibili, rendono questo mondo chiaramente insostenibile.
Le nostre città diventeranno presto inabitabili e dovremo inventare un nuovo stile di vita per poter convivere tutti insieme. E anche questa sfida, ancora una volta, ricadrà sulla classe dirigente di questo secolo, la cui odierna incapacità di agire la condannerà come la peggiore della storia.
Se è vero, dunque, che l’inazione è sempre peggio di una qualsiasi altra azione di buon senso, auspichiamo che chi governerà il mondo faccia presto a intraprendere decisioni nel bene collettivo.
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