Sulla piattaforma Amazon si può comprare il libro di Bernie Sanders “It’s ok to be angry about capitalism”, una critica feroce al capitalismo contemporaneo, alle ingiustizie sociali, alla enorme disparità di redditi e diritti tra il ristretto club di oligarchi miliardari e milioni di lavoratori.
La copertina del libro è in bella mostra proprio sul sito del gigante del commercio online di Jeff Bezos, il prototipo di quella classe di privilegiati dell’1% che detiene una ricchezza più rilevante di quella complessiva di circa il 90% della popolazione. Una casta contro la quale il senatore democratico Sanders, 81 anni, conduce da anni una battaglia politica con coraggio e coerenza, con uno spirito libero che a volte può sembrare ingenuo e temerario.
Ma l’esperienza di Sanders dimostra che la lotta politica, pur partendo da posizioni minoritarie e apparentemente deboli, può affermarsi e ottenere importanti risultati quando coglie il sentimento diffuso tra masse di lavoratori, diseredati, immigrati.
La determinazione, la fermezza delle posizioni e la trasparenza degli interessi riescono a incidere nell’opinione pubblica, creano consenso e anche voti, influenzano le scelte di governo.
Già nel 2018 il senatore del Vermont, che si è candidato alle primarie democratiche raccogliendo consensi crescenti ma senza mai ottenere la candidatura alla Casa Bianca, spinse Amazon ad aumentare la retribuzione base a 15 dollari l’ora per i suoi dipendenti, quasi il doppio del salario minimo nazionale.
Ora Sanders rilancia ed è il promotore di un’indagine sulle condizioni di lavoro in Amazon, il secondo datore di lavoro negli Stati Uniti. In una lettera ad Andy Jassy, Ceo di Amazon, il senatore democratico e presidente del comitato del Senato per la salute, l’educazione, il lavoro e la previdenza chiede informazioni precise in merito ai dati «sistematicamente sottostimati» degli incidenti sul lavoro, degli obiettivi di produttività e del rispetto delle norme di sicurezza federali e statali.
Amazon è una delle prime società al mondo, con una capitalizzazione di 1,3 trilioni di dollari e il suo fondatore Jeff Bezos è uno degli uomini più ricchi del pianeta con un patrimonio personale stimato di 150 miliardi dollari. Amazon, scrive Sanders nella lettera pubblicata per primo dal Washington Post (quotidiano di cui è editore proprio Bezos), «dovrebbe essere uno dei posti più sicuri per lavorare in America e non uno dei più pericolosi».
L’avvio dell’indagine parlamentare segue una campagna durissima condotta da Amazon contro la sindacalizzazione dei suoi dipendenti (nel 2022 ha speso 14,2 milioni di dollari per contrastare l’ingresso dei sindacati) e da una denuncia della Occupational Safety and Health Administration secondo cui le condizioni di lavoro nei magazzini Amazon sarebbero pericolose.
La società ha replicato alla lettera di Sanders invitandolo a visitare uno dei propri depositi e ha chiesto ai dipendenti di scrivere al senatore democratico per convincerlo sulla sicurezza del proprio lavoro. Sarà un altro duro confronto.
Sanders vuole affermare politicamente che i diritti economici, come la sicurezza delle condizioni di lavoro e un reddito dignitoso, sono diritti umani. E quindi universali, si può concludere.
L’anziano senatore del Vermont, il più votato dai giovani alle ultime primarie democratiche, non si ferma ad Amazon, ma ha aperto un fronte anche con Starbucks, il colosso del caffè, uno dei simboli del successo del capitalismo americano.
Sanders ha denunciato il comportamento discriminatorio e illegale della società che si rifiuta di negoziare il contratto con quei dipendenti che hanno votato a favore della presenza dei sindacati sui luoghi di lavoro.
Sembra di essere tornati al secolo scorso, alla vocazione predatoria e prevaricatrice dei “Robber barons”, banchieri e industriali senza scrupoli che accumulavano fortune immense sulla pelle dei lavoratori. Sanders, però, non si arrende. Ha sottoscritto una proposta di legge che vuole far pagare ai grandi gruppi l’assistenza federale per i loro dipendenti con i salari più bassi.
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