Forse molti italiani sono rimasti spaesati nel vedere che un autogrill è diventato il centro del dibattito politico nel nostro Paese. Non che sia qualcosa di impensabile, la politica è ovunque, ma che si tratti di ragioni di lavoro o di svago, l’autogrill è qualcosa che leghiamo a un aspetto della nostra vita, come il viaggio in autostrada, che consideriamo strettamente personale.
Eppure questo particolare luogo esercita sugli italiani un fascino nascosto, discreto, non sempre facile da spiegare. Gli autogrill sono come i miliarii delle strade consolari romane, scandiscono le distanze sulle autostrade, si trasformano in punti di riferimento. Non celebrano il potere imperiale, ma sono un monumento al boom economico, di cui sono figli.
Il primo autogrill italiano risale infatti al 1947, sull’autostrada Milano-Torino, all’altezza di Novara, e venne realizzato dalla Pavesi per vendere i propri prodotti basandosi su una tipologia di negozio già esistente negli Stati Uniti. Fu un successo, e con lo sviluppo dell’ossatura dell’attuale rete autostradale italiana tra gli anni Cinquanta e Sessanta, ecco che iniziarono a sorgere, su ogni strada, nuovi autogrill, elevati a simboli di un’Italia che iniziava ad acquistare automobili e spostarsi da un capo all’altro della penisola.
In un Paese che stava rimodellando una propria immagine dopo il fascismo, le autostrade e tutte le loro architetture erano, volutamente o meno, uno dei simboli della nuova Italia. E così le aree ristoro non erano semplici punti di sosta dove fare la spesa o il rifornimento, ma vere e proprie opere d’arte, che anche sotto l’aspetto visivo volevano rappresentare un Paese che guarda al futuro: dal primo autogrill a ponte d’Europa, quello di Fiorenzuola d’Arda, che avrebbe inaugurato una fortunata tradizione, al Villoresi di Lainate, opera di Angelo Bianchetti, finito non solo nei manuali d’architettura ma anche nelle guide turistiche.
Le nostre autostrade si sono così, piano piano, dotate come le highways americane di un proprio sistema di roadside attractions, fatto di edifici, come la chiesa dell’Autostrada del Sole, o statue, come la Madonna dell’uscita di Orte, che hanno dato un tratto caratteristico al nostro sistema, e dagli autogrill, che oltre al compito di offrire ristoro hanno acquisito quello di scandire le distanze stradali. Ed è paradossale che siano proprio queste strutture a fare da attrazioni, in un Paese che ha dei panorami mozzafiato che permettono ai viandanti di ammirare bellezze come Orvieto o Monteriggioni dalle carreggiate dell’Autostrada del Sole. Ma sono bellezze che fanno da quinta, o al limite possono essere meta di una deviazione: l’attrazione strettamente legata al viaggio in autostrada è l’autogrill.
Ma c’è un’altra caratteristica innegabile di questi luoghi singolari: sono democratici, rappresentano una sorta di limbo in cui tutti sono uguali. Non importa essere un presidente del Consiglio, un pendolare, un autotrasportatore, un turista o un viaggiatore: quando il carburante è a secco, la necessità fisiologia incombe o si sente il bisogno di un caffè, se ci si trova in autostrada è solo all’autogrill che puoi sostare. E sono spazi chiusi, definiti: quando ti fermi all’autogrill, puoi solo sostare o ripartire lungo l’autostrada, senza tante vie di mezzo. Ed è così, che in questo luogo di umanità mista, un professore napoletano può incontrare (almeno nella finzione filmica di “Selvaggi”) all’Autogrill di Teano “Il professor Prodi, persona davvero squisita”, che una professoressa in sosta a Fiano Romano può scorgere Matteo Renzi a colloquio con Marco Mancini, che i lavoratori di Cantagallo possano rifiutarsi di servire Giorgio Almirante.
Proprio lo status di limbo, ha contribuito a creare una vera e propria mitologia intorno ai prodotti offerti dall’autogrill. Già, perché quello che si vende nelle aree di sosta, è molto raro da trovare altrove. Prodotti come la Rustichella o il Camogli, sono strettamente legati alla dimensione autostradale, lontano dalla quale sarebbero solo pesci fuor d’acqua.
E così, gomito a gomito al bancone, tra una rustichella e un caffè, sotto l’insegna della Motta o dell’Alemagna, milioni di italiani si sono incrociati, sfiorati. Si muovevano, accompagnavano il nostro Paese che cambiava faccia, mentre l’autogrill, fermo, ci ospitava, ci osservava cambiare e cambiava insieme a noi, mantenendo però intatti i suoi punti fermi. La fenomenologia era compiuta, e l’autogrill si manifestava come un simbolo della società italiana.