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    Al Tesoro non c’è gara che tenga (di G. Gambino)

    Di Giulio Gambino
    Pubblicato il 11 Nov. 2021 alle 17:01

    La storia è questa: arrivano finalmente i primi soldi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. E iniziano a intravedersi le prime nuvole. Cala il consenso verso Mario Draghi e scricchiola la tenuta del governo dei migliori.Il Pnrr è pari complessivamente a quasi 300 miliardi di euro, spalmati in cinque anni, di cui oltre 40 da spendere nella digitalizzazione. Ora, di questi, due miliardi sono riservati allo sviluppo del Polo Strategico Nazionale (Psn), nato per “mettere in sicurezza i dati della pubblica amministrazione di interesse strategico”. Ben venga, direte voi, e infatti è così: finalmente un luogo nuovo e unico che sostituirà gli obsoleti data center oggi utilizzati per gestire la miriade di dati sensibili e non degli italiani.

    Peccato però che se sul piano tecnologico le ambizioni del Cloud italiano porteranno (forse) alla svolta digitale di cui avremmo tremendamente bisogno, il metodo che finora è stato utilizzato dal Governo nel gestire questi 2 miliardi sia stato tutto fuorché trasparente. Nella prima parte di una nuova importante inchiesta che pubblichiamo questa settimana, realizzata da Alberto Nerazzini, traspaiono le tracce di un vero e proprio sistema che si ripete nel metodo e nel tempo. L’abbiamo chiamato Sistema Mef (leggete l’incredibile storia a p. 20).

    Dalla bozza di accordo (già pronta per essere inviata, quando invece siamo appena nella fase preliminare di una eventuale gara) per l’affidamento dei servizi di gestione dei dati, e dalle fonti con cui siamo venuti in contatto, emerge la volontà da parte del Tesoro di favorire sempre i soliti noti. In questo caso la cordata Cdp-Tim.

    A discapito dei concorrenti, ai quali veniva “chiesto” di fare un passo indietro. E così anche il capo di Gabinetto in una telefonata faceva pressioni sul rivale Poligrafico dello Stato, unitosi con Fastweb in una cordata per ottenere la gestione della “nuvola”.Uno schema simile si ripropone anche nel caso di Autostrade per l’Italia, come ha documentato Laura Maragnani a p. 24, con funzionari del Tesoro che alzano il telefono per fare pressioni sui concorrenti affinché stiano alla larga dall’operazione Cdp-Atlantia.

    La strada per la messa a terra del Pnrr è ancora lunga. Se queste sono le premesse, viene però da chiedersi cosa ci si debba aspettare dalla gestione degli altri 298 miliardi. Ma non è solo questa la partita che stiamo giocando: se è vero che la sicurezza informatica sarà uno dei temi cardine di questo secolo, è anche importante riuscire a essere trasparenti sui dati e su chi li gestirà. Nel caso del Cloud tutto è fluido e più comodo, ma il prezzo da pagare per questa innovazione è che i nostri dati sono divenuti una delle monete più sensibili. Visto che la digitalizzazione è la prima voce di spesa del nostro Pnrr è opportuno sapere da chi, perché e in che modo questi fondi verrano impiegati.

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