L’Italia non è un paese per donne, e nemmeno per bambini. Lo dice We World Index 2019, il report che misura l’inclusione sociale in 171 Paesi.
Il nostro Paese, infatti, nella classifica mondiale si posiziona al 27esimo posto. Dal 2015 ha perso ben nove posizioni. Ma non solo, con un punteggio di 57 l’Italia è sotto la media europea per l’inclusione sociale di donne e bambini. Siamo dietro a Francia, Germania e Gran Bretagna.
L’Italia è stata superata da Bulgaria, Portogallo e Repubblica Ceca per l’inclusione sociale di donne e minori. In cima alla classifica troviamo invece la Norvegia, mentre all’ultimo posto si posiziona la Repubblica Centrafricana.
Il report We World Index si basa su 34 indicatori economici e sociali, 14 dei quali riguardano il contesto in cui vivono i bambini: ambiente, accesso all’acqua, presenza o meno di conflitti, democrazia. 20 indicatori, invece, riguardano gli ambiti sociali specifici degli under 18 e delle donne.
L’Italia si è resa protagonista del declino nella classifica del report per la povertà educativa, il peggioramento degli indicatori ambientali e il mancato miglioramento sulla violenza di genere.
Il tema principale dell’edizione 2019 del We World Index sono stati i conflitti come barriera all’educazione. “Nel mondo, oltre 100 milioni di bambini e bambine che non vanno a scuola vivono in contesti di crisi create da conflitti e guerre”, ha spiegato Marco Chiesara, presidente di WeWorld-Gvc Onlus.
“Le scuole sono sotto attacco e non possiamo aspettare la fine delle crisi per sostenere l’istruzione. Non può esserci, infatti, progresso senza pace e stabilità. È quindi necessario avviare programmi di educazione in emergenza prima possibile, per creare un ambiente scolastico ed educativo pulito, sano e sicuro (specie per le bambine). Oltre un terzo dei nostri programmi nel mondo, 40 su 120, riguardano contesti di emergenza, in cui l’aiuto ai bambini, alle bambine e agli insegnanti è per WeWorld-Gvc una priorità”.
“Mentre per le dimensioni relative a salute, capitale umano ed economico (indicatori relativi alla salute, accesso all’istruzione, ricchezza prodotta), l’Italia continua a beneficiare di una discreta rendita di posizione costituita nei decenni precedenti, non altrettanto si può dire per le dimensioni ambientali, l’inclusione economica delle donne, la partecipazione, e l’accesso alle cariche politiche delle donne e l’inserimento lavorativo dei giovani”, ha dichiarato l’organizzazione in una nota.
“Solo puntando sulla promozione di politiche sociali indirizzate a favorire l’inclusione economica e politica delle donne, il mantenimento nei percorsi di istruzione dei giovani studenti, l’abbassamento del tasso di disoccupazione e maggior attenzione alla sostenibilità ambientale, in particolare modo in zone periferiche e svantaggiate, l’Italia può sperare di tornare ai livelli delle principali democrazie europee”, conclude Chiesara.
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