Il 31 gennaio 2019 il Parlamento europeo ha riconosciuto Juan Guaidò come legittimo presidente a interim del Venezuela.
“Il Parlamento europeo è la prima istituzione Ue a farlo”, è stato il commento a caldo del presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani.
“Chiediamo a tutti gli Stati membri e all’Alto rappresentante dell’Ue di fare subito lo stesso per tenere una posizione unica e forte. L’Europa unita deve essere dalla parte della libertà del popolo venezuelano”.
La risoluzione ha avuto il sostengo di un ampio spettro politico, dai popolari, liberali e socialisti fino all’estrema destra e ha chiesto di riconoscere Guaidò come presidente ad interim fino a “nuove elezioni presidenziali libere, trasparenti e credibili”.
La questione venezuelana aveva creato una nuova spaccatura all’interno della maggioranza, causando non poco imbarazzo al ministro degli Esteri Moavero e al premier Conte che per giorni hanno rilasciato dichiarazioni a denti stretti sul caso.
Alessandra Di Battista ha più volte intimato al governo, all’Europa e alla comunità internazionale di non interferire in questioni interne al Venezuela, dettando così la linea del Movimento, mentre Matteo Salvini ha subito sostenuto il leader dell’opposizione Guaidò.
La spaccatura nazionale non si è però riflessa a livello europeo: gli Eurodeputati di Lega e Movimento infatti si sono astenuti al momento del voto sul riconoscimento di Guaidò.
Eppure poche ore prima il governo italiano aveva preso una posizione più ferma sul caos politico che regna in Venezuela, con il ministro degli Esteri che aveva affermato che il paese adottava la linea dell’Ue per “arrivare a elezioni libere, democraticamente riconoscibili e trasparenti per il presidente della Repubblica”.
“Ci riconosciamo anche nella indicazione di un termine di giorni entro i quali debba arrivare l’annuncio delle nuove elezioni, anche se nella dichiarazione europea questo termine non è cifrato, a differenza di ciò che, invece, avviene nella dichiarazione dei sei Paesi di cui vi ho detto”.
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