Virginia Raggi e Chiara Appendino stanotte sono state elette sindache di due grosse città italiane. L’una la prima sindaca di Roma, l’altra la terza sindaca di Torino. E da oggi la parola sindaca verrà usata sempre più spesso, ma sono in molti a storcere il naso di fronte a questo termine.
“Non siamo di fronte a una questione di correttezza grammaticale, ma di adeguatezza nel trattare i nomi di mestiere al femminile. Chi scrive sindaca adopera con efficacia le risorse flessive messe tranquillamente a disposizione dalla nostra lingua: sindaco/sindaca,avvocato/avvocata, postino/postina, ecc. seguono la normale alternanza nominale di genere maschile/femminile, espressa attraverso le uscite -o e -a”, scrive la Treccani.
E anche noi di TPI vogliamo usare questa parola, com’è giusto che sia. “Si abbia un po’ di coraggio e si scriva come suggeriscono i linguisti e anche l’Accademia della Crusca”, scrive Sergio Lepri, storico direttore dell’Ansa.
E quindi sindaca, così come ingegnera e chirurga, architetta e ministra, senatrice e prefetta, sono parole del vocabolario italiano e che nulla hanno da invidiare a ingegnere, chirurgo, architetto o ministro.
No non è antiestetico e neppure ha un suono strano. No, non è vero che non si può sentire. E sì, è corretto dire sindaca, quando la prima cittadina di questa o quella città è una donna. E sì, bisogna che ci abituiamo, e anche in fretta. E quindi benvengano le ministre, così come le assessore e anche le consigliere.
La stessa presidente della camera Laura Boldrini ha ribadito in passato l’urgenza di usare il genere corretto. “Se io attribuissi ad un uomo una connotazione femminile quell’uomo si ribellerebbe. Allora il rispetto passa anche attraverso la restituzione del genere”, aveva scritto.
Leggendo i commenti di scandalizzati dei nostri lettori si capisce come leggere la parola sindaca faccia ancora storcere il naso ai più. “Sindaca le sindache?!?!?!? Italiano brutalizzato!!!!!” scrive Luisa, “SindacA? non si può sentire”, commenta Giovanna.
Tra i giornali italiani ormai sindaca è decisamente preferito al maschile sindaco da adottare per entrambi i generi. Lo usano Repubblica e il Corriere, l’Espresso e la Stampa e anche Internazionale. Non lo usano invece né il Giornale né il Tempo, e neppure il Messaggero.
Ma neanche Virginia Raggi in persona lo usa. “Sarò il sindaco di tutti. Dopo venti anni riporteremo la legalità e trasparenza, con noi si apre una nuova era”, ha detto lei commentando la vittoria elettorale. Chiara Appendino invece ha usato la parola sindaca nel suo manifesto elettorale ma non nel post di Facebook con il quale ha commentato la sua vittoria di ieri sera.
Non è femminismo da quattro soldi, non è difesa spicciola della parità di genere, non è una battaglia per partito preso. È la semplice volontà di usare il genere giusto, e di farlo diventare normalità, così che non si leggano più commenti scandalizzati legati all’uso di una parola declinata correttamente, solo perché inusuale.
Quindi usiamola, usiamola, usiamola finché, naso storto dopo naso storto, entri nel linguaggio comune, al pari di parrucchiera, maestra o infermiera.
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